“Inventare” un’altra fede

14 novembre 2024

Lc 17,20-25

In quel tempo 20i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, 21e nessuno dirà: «Eccolo qui», oppure: «Eccolo là». Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
22Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete. 23Vi diranno: «Eccolo là», oppure: «Eccolo qui»; non andateci, non seguiteli. 24Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno. 25Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione.


Di che cosa abbiamo bisogno: di una previsione o di una rivelazione? Che cosa ci aiuta: sapere che sarà per domani o lasciarci sorprendere nell’oggi?

Gesù viene consultato: “Quando verrà il regno di Dio?” (v. 20). Gli si chiede una previsione? Forse può rispondere indicando con certezza quando, dove, come? Risposte e previsioni del genere, che potremmo pensare ci aiuterebbero, producono una fede passiva, scontata e prevedibile.

Gesù porta una rivelazione che chiama a “inventare” un’altra fede, da trovare in modo personale nel qui e ora, perché non può accontentarsi di risposte preconfezionate…

Altro è ciò che permette di partecipare della fede che, come una necessità, spinge Gesù ad annunciare “la buona notizia del regno di Dio” (Lc 4,43).

Non l’essere a conoscenza del momento preciso (cf. vv. 20-21),
né del luogo particolare (cf. v. 23);
piuttosto la rivelazione sempre possibile, sempre sorprendente (cf. v. 24)
che diviene allora sempre desiderabile (cf. v. 22).

La piena rivelazione del regno di Dio nel giorno del Figlio dell’uomo sarà evidente. Non lo è ancora; può già parzialmente esserlo per chi guarda al Cristo Gesù. Non che sia facile, perché è un’evidenza non scontata che emerge in dialogo con l’evidente contraddizione della croce: “Prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione” (v. 25). Paradossale compiersi di un regno rifiutato. Sulla croce la regalità di Gesù è rifiutata eppure in lui proprio allora il regno di Dio già si compie.

Come in lui, così è possibile anche in noi e tra di noi. “Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!” (v. 21), espressione che può essere tradotta in vari modi. Può significare “in voi”: non per limitarsi a una lettura intimistica, bensì per leggervi l’invito con cui il Signore dice che è a partire di lì che, in ogni situazione, potete riconoscere il regno di Dio “alla vostra portata”, come traducono altri. “Poiché ecco che il regno di Dio è nello spazio che è il vostro” (François Bovon).

Riflette Martin Buber:

La maggior parte di noi giunge solo in rari momenti alla piena coscienza del fatto che non abbiamo assaporato il compimento dell’esistenza, che la nostra vita non è partecipe dell’esistenza autentica, compiuta, che è vissuta per così dire ai margini dell’esistenza autentica.

Gesù vuole condurci dai margini al cuore di quest’esistenza autentica: non in un altrove fisico, perché annuncia un regnare che si estende nel nostro spazio e comporta un modo diverso di abitarlo. Prosegue Buber:

In quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell’esistenza messo alla mia portata.

La rivelazione di questo regnare di Dio diventa compito, comando.

Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica (Dt 30,11-14).

fratel Fabio