XVI domingo do tempo comum
There was a problem loading image 'images/stories/priore/evangelodelladomenica/il_buon_pastore_catanonimad.jpg'
There was a problem loading image 'images/stories/priore/evangelodelladomenica/il_buon_pastore_catanonimad.jpg'
Reflexões sobre as leituras
de LUCIANO MANICARDI
O olhar de Jesus pastor é imbuido pela luz da Palavra de Deus: só assim Ele consegue ver na multidão, não um obstáculo, mas uma ocasião para obedecer à Palavra das Escrituras
22 julho 2012
Reflexões sobre as leituras
de LUCIANO MANICARDI
Ano B
Jer 23,1-6; Sal 22; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34
A revelação de Jesus como autêntico pastor e consequentemente sobre o que significa exercer o ministério de pastor na Igreja é o centro das leituras de hoje. A denúncia profética contra os pastores malvados, isto é, contra os Reis, os chefes políticos e militares do povo que fizeram do seu posto não uma oportunidade de serviço mas de beneficio próprio, dá conta da necessária conversão do poder em serviço da parte de quem detém autoridade. Deus será juíz e vingará os erros cometidos pelos pastores indignos e suscitará um pastor autêntico (I leitura). No Evangelho, Jesus aparece como o pastor que sacia a sede de guias firmes e fiéis para um povo praticamente disperso como "ovelhas sem pastor" (Mc 6,34).
Jesus é, antes de mais, pastor dos seus discípulos, da sua pequena comunidade, que, de regresso da missão que lhes tinha sido confiada (Mc 6,30 fala de “apóstolos"), reunem-se à sua volta e contam como a cumpriram. Jesus estabelece a unidade da comunidade e acolhe os seus escutando o que viveram, as suas experiências de missão. A missão não pode ser, apenas, "falar e ensinar", mas deve ser também recontada, narrada e escutada. A experiência pastoral e existencial dos discípulos, pode assim, ser consolada e corrigida, confirmada e alterada. In una parola, i discepoli sono accolti e ascoltati da colui che li ha inviati e che si mostra interessato non semplicemente al compimento della missione, ma anzitutto alla loro persona. Gesù, buon pastore che conosce per nome le sue pecore, si mostra più attento ai missionari, infatti, che alla missione e al suo eventuale successo. Mentre ascolta i racconti degli apostoli, egli sente anche la loro fatica e il loro bisogno di riposo. E li invita ad andare con lui in disparte per riposarsi un po’.
Già i discepoli di Gesù pativano infatti una sorta di tirannia delle attività e del non avere tempo: “Era molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare” (Mc 6,31). Gesù, buon pastore, dà ai suoi inviati il diritto di riposarsi e dunque consegna loro la responsabilità di darsi tempo, di fermarsi, di abitare il silenzio e la solitudine, di sostare per “essere” e di non alienarsi nel “fare” negligendo i bisogni elementari e basilari della loro vita. Chiamati da Gesù per stare con lui e anche per predicare e cacciare i demoni (cf. Mc 3,14-15), gli apostoli possono trovare il loro riposo nella relazione con Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e io vi darò riposo” (cf. Mt 11,28).
Quando Gesù sbarca per andare anch’egli nel luogo in disparte con i discepoli, vede la numerosa folla che li aveva preceduti a piedi e “ne provò compassione perché erano come pecore senza pastore” (Mc 6,34). Fondamento dell’azione pastorale di Gesù è la compassione. Come aveva visto il bisogno dei suoi discepoli, ora Gesù vede il bisogno delle folle e non le respinge, non le manda via, quasi che fossero un ostacolo a ciò che egli stesso aveva progettato. Gesù vede la fame che hanno di parola di Dio e “cominciò a insegnare loro molte cose” (Mc 6,34). Da possibile fastidio che impedisce il riposo previsto, le folle diventano magistero per Gesù, proprio nel loro bisogno, nella loro povertà. Gesù accetta di mutare il proprio progetto, di lasciarsi scomodare, e si impegna nella faticosa predicazione. La base della predicazione e dell’insegnamento evangelico non può che essere la compassione. Altrimenti anche questa attività si muterà in esercizio accademico e dimostrazione di potere.
Lo sguardo del pastore Gesù è abitato dalla luce della parola di Dio: così egli sa vedere nella folla non un intralcio, ma un’occasione per obbedire alla parola della Scrittura che chiedeva che il popolo non fosse un gregge senza pastore, ma avesse una guida (cf. Nm 27,15-17). Ed è questa obbedienza che, mentre rende Gesù stesso una pecora fedele al Dio “pastore d’Israele” (Sal 80,2), lo abilita anche a esercitare un ministero di guida, di pastore. L’Agnello è il Pastore!
LUCIANO MANICARDI
Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno B
© 2010 Vita e Pensiero