Sexta feira Santa
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Reflexões sobre as leituras
de LUCIANO MANICARDI
A Paixão e a morte de Jesús podem ser vistas como mistério de obediência. O servo anunciado por Isaías submete-se à violência daqueles que o conduzem à morte, permanecendo fiel ao seu Senhor (cf Is 50,7);
venerdì 22 aprile 2011
Anno A
Is 52,13-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42
La passione e la morte di Gesù possono essere colte come mistero di obbedienza. Il Servo annunciato da Isaia si sottomette alle violenze di coloro che lo conducono a morte restando fedelmente attaccato al suo Signore (cf. Is 50,7); sigillo di questa forza e di questa obbedienza è il suo silenzio (I lettura). L’evento pasquale, fonte di salvezza universale, è visto come mistero di obbedienza del Figlio al Padre che gli consente di affrontare sofferenze e morte divenendo causa di salvezza per quanti obbediranno a lui. Questa obbedienza è sostenuta dalla preghiera intensa e drammatica del Figlio (II lettura). La passione e morte viene letta da Giovanni come compimento, come obbedienza alle Scritture che contengono la volontà di Dio, come compimento dell’amore per Dio e per gli uomini e della missione ricevuta dal Padre. L’obbedienza di Gesù traspare dalla sua coscienza lucida degli eventi (Gv 18,4; 19,28), dalla sua parola autorevole (18,8.19-23.37; 19,11), dal suo tacere (19,9).
In Gv 18,1-11 non siamo di fronte all’arresto di Gesù, di cui si parla solo a partire dal v. 12, ma al confronto-scontro tra Gesù (con i suoi discepoli), da una parte, e Giuda (con i soldati), dall’altra. La scena avviene in un giardino (18,1; cf. anche 19,41), come il primo scontro tra bene e male avvenne nel giardino dell’in-principio. Entrare nella passione è entrare in una lotta: Gesù vi entra con la forza dell’amore (Gv 13,1) e dell’obbedienza al Padre (19,11).
Recandosi nel giardino che anche Giuda conosceva bene (18,2), Gesù sembra facilitare il compito del traditore: Gesù si sottomette alla libertà di Giuda, ma conserva la sua libertà di amare, di amare anche Giuda, anche il suo nemico. Gesù ama i suoi, tutti i suoi, fino alla fine.
La forza dell’obbedienza di Gesù traspare dalle sue parole che atterriscono i suoi avversari e che echeggiano la rivelazione del nome divino: “Io sono” (18,5.6.8; cf. Es 3,14; Is 43,10). L’intima comunione di Gesù con il Padre e il suo obbedire alla parola del Padre, espresse durante tutto il quarto vangelo, sono il fondamento dell’autorevolezza e della forza che emanano dall’umanità di Gesù, del timore che essa incute e che i suoi avversari non sanno sostenere (18,6).
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