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Quinta feira santa

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DUCCIO DI BONINSEGNA, Última Ceia
DUCCIO DI BONINSEGNA, Última Ceia

5 Abril 2012
Reflexões sobre as leituras
de
LUCIANO MANICARDI
A pretensão e a presunção de pureza são contrárias ao espírito cristão. Não há sujidade maior do que a de quem não consegue ver a sua própria sujidade

giovedì 5 aprile 2012


Anno B
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

CD QUARESIMA-PASQUA

I tre testi biblici presentano rispettivamente la memoria della notte della liberazione dall’Egitto e dei preparativi per il banchetto pasquale (I lettura), la memoria dell’istituzione del banchetto eucaristico (II lettura) e la memoria del gesto di Gesù di lavare i piedi ai suoi discepoli “prima della festa di Pasqua” (vangelo). L’eucaristia, memoria della Pasqua di Gesù, trova nella lavanda dei piedi il gesto che ne significa la realtà esistenziale: il farsi quotidianamente servi gli uni degli altri perché Dio stesso, in Gesù Cristo, si è fatto servo degli uomini.

Il gesto con cui Gesù lava i piedi ai suoi discepoli è profetico e rivelativo. Deponendo le sue vesti, Gesù profetizza la sua deposizione della vita per amore degli uomini, e inginocchiandosi di fronte ai discepoli egli narra l’amore di Dio. Non è in quanto “maestro e Signore”, ma in quanto “Signore e maestro” (Gv 13,13-14) che egli compie quel gesto che non ha dunque valore didattico, ma rivelativo.

Lavare i piedi è gesto che spetta alla schiavo: qui è il Signore che lo compie. L’inversione dei ruoli tra Gesù e i discepoli è impegnativa: “Se io, il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,14-15). Quest’ultimo comando corrisponde al “fate questo in memoria di me” dell’istituzione eucaristica (1Cor 11,24.25). Ma sarebbe insufficiente e deviante pensare che si tratti del comando di ripetere un gesto rituale. I gesti che Gesù compie per lavare i piedi ai discepoli sono gesti umani, umanissimi, e indicano nel quotidiano il luogo in cui l’eucaristia diviene vita, esistenza, realtà, non semplicemente rito. Dal sacramentum alla res!

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