Também Jesus se enfurece
There was a problem loading image 'images/preghiera/vangelo/15_02_11_richards_cristo_lebbroso.jpg'
There was a problem loading image 'images/preghiera/vangelo/15_02_11_richards_cristo_lebbroso.jpg'
VI domingo do Tempo Comum, ano B
Mc 1,40-45
Reflexão sobre o Evangelho por Enzo Bianchi
Naquele tempo,
veio ter com Jesus um leproso.
Prostrou-se de joelhos e suplicou-Lhe:
«Se quiseres, podes curar-me». Jesus, compadecido, estendeu a mão, tocou-lhe e disse: «Quero: fica limpo».
No mesmo instante o deixou a lepra e ele ficou limpo.
Advertindo-o severamente, despediu-o com esta ordem:
«Não digas nada a ninguém, mas vai mostrar-te ao sacerdote
e oferece pela tua cura o que Moisés ordenou,
para lhes servir de testemunho». Ele, porém, logo que partiu, começou a apregoar e a divulgar o que acontecera,
e assim, Jesus já não podia entrar abertamente em nenhuma cidade.
Ficava fora, em lugares desertos, e vinham ter com Ele de toda a parte.parte.
No Evangelho deste domingo temos uma história com um começo imprevisto, impreciso quanto ao tempo e lugar, que parece atual, que pode acontecer aqui e agora: o encontro entre Jesus e um homem com lepra.
O leproso era, e ainda é, um doente de tal forma repugnante que era qualificado como um homem morto. Para um judeu, a lepra era sinal de um castigo de Deus, uma doença pela qual tinham sido culpados pelos seus pecados a irmã de Moisés, Miriam (cf. Nm 12,9-10), o servo do profeta Eliseu (cf. 2Re 5,27) e outros pecadores. Grande é o horror, terrível a reação diante desta doença que devasta até à putrefação da carne o vulto e o corpo dos doentes. Sendo a lepra contagiosa, exigia que o doente fosse excluído do convívio, segregado num lugar deserto e identificado por um grito que deveria emitir sempre que visse alguém aproximar-se dele: “Sou impuro! Sou impuro!” (cf. Lv 13,45-46). Um leproso aparecia então como uma pessoa sem possibilidade de relação e de comunhão nem com Deus nem com o homens.
Ed ecco l’incontro tra Gesù e un lebbroso che viene a lui, gli si inginocchia davanti e lo supplica: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Di quest’uomo non sappiamo nulla, né possiamo valutare la sua vita e la sua fede. Certamente ha fiducia in Gesù, che gli pare affidabile; da Gesù è attratto come da un uomo che può fare qualcosa per lui. Con audacia, più che con fede, si avvicina dunque a quell’uomo che merita ascolto, fiducia, forse anche adesione.
E Gesù davanti a costui ha una reazione: proprio perché lo guarda e pensa a cosa significa questa malattia, proprio perché sente il fetore delle sue piaghe e vede il suo viso stravolto, il suo corpo devastato, “va in collera” (orghistheís), adirato per l’intollerabilità del male e del destino che pesa su quest’uomo. Sì, Marco ci narra un Gesù collerico, che, proprio perché è capace di passione, ha una reazione di collera; ci descrive quanto Gesù senta intollerabile una tale situazione per un uomo che è suo fratello, uomo come lui, uguale a lui nella dignità di persona umana.
Ma anche l’evangelista non sapeva che, usando alcune espressioni che testimoniano l’umanità vera e concreta di Gesù, poteva destare stupore, opposizione e giudizio su Gesù. Sempre, infatti, soprattutto tra gli uomini religiosi, ci sono anime mefitiche, talmente tese a una santità formale che si scandalizzano della passione di Gesù e della sua collera. Questi religiosi sono sempre in scena. Per loro Gesù avrebbe dovuto prima pensare a cosa prevede la Legge, poi mostrare il suo sentimento conformemente a ciò che la Legge comanda. E invece Marco, volendo mostrare in modo chiaro e comprensibile i comportamenti di Gesù, dice ciò che per alcuni non è sopportabile: Gesù va in collera, qui come altrove (cf. Mc 3,5: di fronte ai farisei; 10,14: di fronte ai suoi discepoli). Sì, Gesù andò in collera, perché sapeva vivere il conflitto e ribellarsi contro il male, la malattia, la situazione di schiavitù e di segregazione che rendeva come morto quell’uomo. Non era cosa giusta, ed ecco allora la collera di Gesù!
Qualche scriba, però, pensò di correggere questa espressione, che in alcuni manoscritti diventò: “fu preso da compassione” (splanchnistheís; cf. Mc 6,34 e 8,2: di fronte alle folle). Così le persone a bassa frequenza di sentimenti ne sono state soddisfatte… In verità anche nell’espressione “andò in collera” c’era la passione della compassione, ma con questa correzione, che la versione italiana segue, il comportamento di Gesù appare più accettabile.
In quello scatto d’ira, Gesù prende la mano di quell’uomo, lo tocca, entrando così in relazione, anzi in comunione con lui. Mano lebbrosa nella mano di Gesù, contatto vietato dalla Torah, stretta di una carne giudicata demoniaca, e il suo gesto viene accompagnato dalla parola: “Lo voglio, sii purificato!”. “E subito” – annota Marco – “la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato”: quel lebbroso è guarito, la sua fiducia in Gesù ha ottenuto il risultato sperato, la sua preghiera di compassione è stata esaudita. Non è più uno scomunicato, anzi è una persona che è entrata in piena comunione con Gesù, il quale ha eliminato quel male così orribile ed escludente. Questo dovrebbe essere l’atteggiamento del cristiano verso i malati, quando la cura diventa mano nella mano, occhio contro occhio, volto contro volto, un bacio come quello che Francesco d’Assisi seppe dare al lebbroso quale segno dell’inizio di un’altra visione e dunque di un’altra vita.
Ma dopo la guarigione ecco ancora un Gesù che non piace ai religiosi che si nutrono solo di miele. Il testo dice che Gesù, “sdegnandosi con lui, lo cacciò via subito”. Avvenuta la liberazione, Gesù non sta lì a prendere complimenti, a chiedere che si guardi e si constati la sua azione: non è infatti mai tentato dal narcisismo che attende il riconoscimento per il bene fatto e, a costo di sembrare burbero e scortese, si sdegna e scaccia quell’uomo da lui guarito, ammonendolo di non dire niente a nessuno. Gesù non vuole essere riconosciuto per uno che fa miracoli, non vuole che lo acclamino per delle azioni prodigiose, e soprattutto vuole che il segreto riguardo alla sua identità di Messia sia svelato e proclamato quando sarà appeso alla croce. Solo allora è lecito, a chi ha capito Gesù, dire che egli era buono, che era giusto (cf. Lc 23,47), che era il Figlio di Dio (cf. Mc 15,39; Mt 27,54).
Gesù è discreto di fronte alla gente, fa silenzio e fa fare silenzio per non destare l’applauso, conosce l’arte della fuga per sottrarsi al facile consenso degli altri, ma va in collera, si sdegna visibilmente di fronte alla sofferenza, alla menzogna, al misconoscimento della verità, alla pigrizia e alla vigliaccheria delle persone.