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O Pai nosso dos não-crentes

 

Simone Weil ha scritto che non si può concepire una preghiera che non sia già contenuta nel Padre nostro: questo «sta alla preghiera come Cristo all'umanità». Di più: «È impossibile pronunciarlo un'unica volta, prestando a ogni parola la pienezza dell'attenzione, senza che un cambiamento, forse infinitesimale, ma reale, si dia». Riusciamo a capire il Padre nostro solo quando ci sentiamo colpiti, frastornati, risolti, rinati attraverso di lui. Quando capiamo, in modo esistenziale, che prima di Gesù era una cosa, e con Gesù è un'altra cosa, completamente distinta. Dobbiamo passare da una spiritualità interiore, eccessivamente dipendente dall'inquadramento sociologico e dalle sue pratiche, a un'altra, più interiore, che ci permette di scoprire che Dio è Padre, è mio Padre, è il "Padre nostro".

Quando Gesù decide di insegnare il Padre nostro ai discepoli? Quando questi sono capaci di percepire Gesù come un avvenimento assolutamente nuovo. La preghiera è conseguenza, più che causa. È espressione del vissuto, più che una scoperta. Il Padre nostro nasce da un cammino. Ed è al culmine di una tappa di maturazione che il Padre nostro è rivelato.

Anche noi dovremo recitare il Padre nostro, con verità, quando avremo capito, non solo lungo la linea della storia e della sua spuma, ma nel più profondo di noi stessi, che Gesù Cristo porta la novità di Dio. Forse a tale fine dobbiamo, come raccomandava Fernando Pessoa, «imparare a disimparare». Disimparare i labirinti, tutte le trame, i modelli che ci soffocano e servono soltanto per farci rimandare il necessario incontro con noi stessi. Gesù ci fa accedere a una soglia nuova di Dio e della nostra umanità. E proprio perché aveva presentito tutto quanto abbiamo visto, quel discepolo chiese a Gesù: «Maestro, insegnaci a pregare».

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JOSÉ TOLENTINO MENDONCA
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