Omelia di mons. Domenico Sorrentino
Oggi ricomincia qui un filo, uno dei tanti fili di questa storia meravigliosa. Chi lo tesserà questo filo? Lo Spirito di Dio, è lui il grande tessitore, e noi ci lasciamo tessere. Vogliamo essere fratelli e sorelle di un’unica comunità, sentirci famiglia, ciascuno con la sua identità, ciascuno con la sua storia. È bello che nella vostra storia portiate anche un particolare accento ecumenico. Quando questa chiesa è stata fondata, la Chiesa non era ancora così divisa. Oggi ancora purtroppo lo è, e tutti abbiamo l’anelito della piena unità, tutti vogliamo costruirla, nell’umiltà dell’ascolto dell’unica Parola… riconoscendo il Signore in mezzo a noi, e riconoscendolo in modo particolare nell’Eucarestia: tra poco questa Parola ascoltata si farà Presenza viva, pane vivo che ci nutre e noi con questa Parola avremo la forza di Elia, la forza di camminare anche nel deserto e nella prova. Coraggio, cari fratelli e sorelle! Grazie per questa scelta che avete fatto e che sicuramente il Signore vi ha ispirato: parola del Signore alla quale voi avete dato la vostra corrispondenza. Grazie per averla accolta, grazie per ciò che siete, grazie per ciò che sarete in questa comunità. Faremo presto i nostri conti di fratelli, già qualche cosa abbiamo cominciato a chiedervi, già qualche parola ci direte nei prossimi giorni e in ogni caso tante parole ascolterete, perché tra fratelli ci si ascolta e tutti siamo in ascolto dell’unico Maestro. Io sono oggi davvero lieto, come pastore di questa Chiesa, di potervi dire “benvenuti”. So che nelle mie parole è il Signore che ve lo dice, ma sono anche tanti fratelli e sorelle che vi hanno atteso. È stata lunga questa attesa, ha avuto anche i suoi momenti di fatica. Ma, come vedete, quando il Signore vuole un’opera, poi alla fine la realizza. Grazie perché ci siete: cammineremo insieme. Ci troviamo insieme al momento giusto, in cui la vostra spiritualità, il vostro cammino si può trovare davvero al passo con questa Chiesa. Dunque non faremo fatica ad intenderci – ne sono convinto – perché ci siamo già intesi. Questi luoghi ormai ci parlano, li sentiamo già nostri, li sentiamo già vivi. Parlano con la loro luce, con la loro tradizione, con il loro slancio verso il futuro.