Press review
IV International Liturgical Conference
THE LITURGICAL SPACE AND ITS ORIENTATION
Bose, June 1-3, 2006
Monastery of Bose
National Office for the Church's Cultural Heritage of the Italian Bishops' Conference
12 giugno 2006
Di ENZO BIANCHI
È noto come il tema dell’orientamento della preghiera liturgica sia oggi uno dei nodi più dibattuti non solo tra gli esperti di liturgia ma anche all’interno della più vasta compagine ecclesiale. Attorno a questo tema è in gioco uno dei mutamenti più importanti e delicati introdotti della riforma liturgica conciliare, ovvero la posizione versus populum del presbitero all’altare. Nella seduta inaugurale presieduta insieme a monsignor Stefano Russo direttore dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI, ho ricordato come “l’una o l’altra posizione del presbitero all’altare accentuino inevitabilmente la dimensione sacrificale e quella conviviale dell’eucaristia. Pertanto, entrambe le posizioni sono legittime e altamente significative, così che né l’una né l’altra può vantare una superiorità. Questo significa riconoscere che l’attuale celebrazione versus populum della liturgia romana non è migliore o più corretta rispetto alla comune direzione del presbitero e dei fedeli nella celebrazione eucaristia che le chiese d’oriente hanno conservato fino ad oggi, ma solo più adatta e coerente all’oggi della fede vissuto dai credenti. Occorre invece riconoscere con lucidità e coraggio che ciascuna delle due posizioni che l’attuale dibattito sull’orientamento ingenuamente oppone è da se stessa insufficiente per rendere conto della totalità del mistero celebrato. Nessuna forma rituale, nessun testo o gesto liturgico potrà esaurire in sé tutta la ricchezza del mistero di Dio. Questo nostro convegno segnerà, dunque, un’ulteriore fase del dibattito in corso sull’orientamento. È nostro desidero che esso sia un’occasione di confronto e di dibattito, nello stile auspicato nell’introduzione al saggio di Uve Michael Lang dall’allora cardinale Joseph Ratzinger il quale invitava ad ‘un nuovo dibattito più disteso, nel corso del quale sia possibile cercare il modo migliore per mettere in pratica il mistero della salvezza. Tale ricerca va compiuta non condannandosi reciprocamente, ma ascoltando attentamente gli uni gli altri e, fattore ancora più importante, ascoltando la guida intima della liturgia. Non si giunge ad alcun risultato etichettando le posizioni come ‘preconciliari’, ‘reazionarie’, ‘conservatrici’ oppure come ‘progressiste’ ed ‘estranee alla fede’; serve una nuova apertura reciproca’”.
Al termine dell’indirizzo di saluto l’Arcivescovo Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, ha dato lettura del messaggio inviato dal Cardinale Segretario Stato Angelo Sodano, nel quale si auspica che il convegno “possa efficacemente costituire un nuovo punto di riflessione e di sintesi tra lo spazio sacro inteso come dimora di Dio, e la vita spirituale di ogni fedele cristiano, chiamato alla comunione con l’Assoluto e al dialogo con i fratelli”. Il delegato ufficiale del Patriarcato Ecumenico, Athenagoras di Sinope, vescovo ausiliare del metropolita del Belgio accompagnato dal professor André Losky dell’Institut Saint Serge di Parigi, ha rivolto ai presenti il messaggio di Sua Santità Bartholomeos I, mentre il messaggio dell’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Christodulos, è stato letto dal protopresbitero Konstantinos Karaisaridis, delegato ufficiale del Santo Sinodo della Chiesa di Grecia. Messaggi augurali sono giunti dal Cardinal Severino Paletto Arcivescovi di Torino, da Monsignor Giuseppe Betori, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana e da Monsignor Felice di Molfetta, vescovo di Cerignola – Ascoli Satriano, Presidente della Commissione Episcopale per la Liturgia della CE, da Monsignor Sebastiano Dho, Presidente della Commissione Liturgica della Conferenza Episcopale Piemontese. L’indirizzo di saluto a nome della CEP è stato rivolto ai partecipanti da Monsignor Arrigo Miglio vescovo di Ivrea. Nel corso del convegno hanno portato il loro saluto Monsignor Gabriele Mana, vescovo di Biella diocesi a cui appartiene il Monastero di Bose. Ai lavori del convegno ha preso parte il vescovo di Salisbury David Stancliffe, Presidente della Commissione Liturgica della Chiesa d’Inghilterra e don Angelo Lameri dell’Ufficio Liturgico Nazionale della CEI. La presenza di pastori e fedeli della chiesa cattolica, del Patriarcato ecumenico, delle chiese ortodosse di Greca e di Romania, della Comunione anglicana, della Chiesa episcopaliana d’America e della Chiesa Luterana di Germania, ha dato un respiro ecumenico a queste giornate di studio, che sono così diventate anche un incontro fraterno di persone e di tradizioni spirituali e liturgiche che sempre hanno bisogno l’una dell’altra per poter celebrare l’unica fede. A conclusione della seduta inaugurale è stato ufficialmente presentato il volume L’ambone, tavola della parola di Dio, Qiqajon, Bose 2006, atti del III Convegno Liturgico Internazionale di Bose dedicato all’ambone.
Insieme alla portata ecumenica anche l’internazionalità dei partecipanti al convegno ha permesso il confronto e lo scambio di esperienze. Oltre che dall’Italia erano rappresentati diversi paesi europei come Belgio, Francia, Grecia, Germania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera e Ungheria. Particolarmente numerosi i partecipanti provenienti degli Stati Uniti tra i quali padre Kevin Irwin, Decano dell’Università Cattolica di Washington. Oltremodo significativa la presenza di una rappresentanza della chiesa latinoamericana, composta da alcuni membri della Commissione Arte Sacra della Conferenza Episcopale Brasiliana. Molto significativa è stata la partecipazione di monaci provenienti da diversi monasteri europei.
Il quadro di fondo dei lavori è stato tracciato dal monaco benedettino Frédéric Debuyst che con un intervento consacrato al ‘genio’ cristiano del luogo. I liturgisti Franco Magnani e Walter Zahner e gli architetti Massimiliano Valdinoci e Johannes Krämer hanno valutato rispettivamente dal punto di vista liturgico e architettonico alcune recenti realizzazioni internazionali di spazi liturgici. Il noto etnologo e antropologo francese Marc Augé de l’École des Hautes Études di Parigi ha affrontato la valenza antropologica dello “spazio sacro”, mentre l’esegeta Camille Focant, Decano della Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lovanio, ne ha presentato il dato biblico neotestamentario. Il monaco francese Patrick Prétot, direttore dell’Institut Supérieur de Liturgie di Parigi, ha descritto le diverse possibili forme dell’assemblea liturgica, così come padre Vincenzo Gatti, della Scuola Beato Angelico di Milano, ha mostrato le diverse funzioni dello spazio liturgico. A conclusione della prima parte del convegno Richard Giles, Decano dell’Episcopalian Cathedral di Philadelphia, ha illustrato alcune esperienze di adeguamento degli spazi liturgici.
Sul tema specifico dell’orientamento della preghiera liturgica sono intervenuti i principali protagonisti del dibattito in corso. Il pastore luterano Martin Walraff, docente presso la Facoltà teologica dell’Università di Basilea, tracciando lo status quaestionis della problematica dell’orientamento, ha osservato come “la preghiera del cristiano si inserisce in uno spazio che non è soltanto spazio dell’uomo, spazio individuale, ma lo immette in un contesto più ampio, un contesto che non è soltanto la comunità, la comunione nel nome di Dio, ma un orientamento verso Dio”. Dal canto suo padre Robert Taft sj, chiamato a mostrare le convergenze e le divergenze tra oriente e occidente circa l’orientamento, ha osservato che esso “non emerge come un problema rilevante nei commentatori orientali del passato né in quelli di oggi. Ciò che é decisivo é il fatto di pregare rivolti verso l’altare e verso le immagini iconografiche nell’abside del santuario, ma la direzione verso cui l’altare è rivolto appare irrilevante. Si presume che sia rivolto verso oriente, ma non ho mai sentito un rappresentante di una tradizione liturgica orientale farne una questione essenziale, o insistere sull’importanza dell’orientamento nella sua devozione personale”. Il professor Paul de Clerck, direttore emerito de l’Institut Supérieur de Liturgie di Parigi, ha costatato come sia “a proposito della preghiera eucaristica compiuta versus populum che il rischio di autocentralità è stato denunciato. Tuttavia questa critica è sempre fatta nei confronti del presbitero, mentre l’elemento più forte di centralità dovrebbe essere l’altare, uno dei simboli maggiori di Cristo. Le critiche sull’autocentralità di questo modello interrogano il modo in cui il presbitero sta all’altare; una nobile distanza tra il presbitero e l’altare può evitare di considerare l’altare come un semplice supporto, essa può permettere all’altare di respirare, di divenire il centro effettivo, il punto focale dell’assemblea a servizio della quale è il presbitero”. Per l’oratoriano tedesco Uwe Michael Lang “l’orientamento liturgico in senso ideale può persino prescindere da uno stretto contesto geografico”. Tuttavia egli ha evidenziato come “il principio sovrano del culto cristiano è il dialogo fra il popolo di Dio nella sua interezza, compreso il sacerdote, e Dio, al quale è rivolta la loro preghiera. Se tale principio non si manifesta nella forma della liturgia, l’Eucaristia dà la sensazione di non essere altro che un’istruzione catechetica”. Dal canto suo, il liturgista tedesco Albert Gerhards ha sottolineato come occorra evitare di contrapporre drasticamente alla posizione unilaterale del presbitero di fronte al popolo (versus populum) l’altra posizione altrettanto unilaterale del presbitero e dei fedeli rivolti nella medesima direzione (versus oriente). La storia mostra, in realtà, una permanente dialettica tra l’unica direzione di tutti e la concentrazione di tutti verso un punto come attesta il “circumstantes” del Canone romano. Per questo la direzione unica del presbitero e dei fedeli non è l’unica soluzione possibile al problema dell’orientamento. Su questo problema ciò che è oggi necessario è avviare un nuovo dibattito che prenda sul serio l’esperienza della riforma liturgica compiuta in questi quarant’anni e al tempo stesso prenda sul serio le critiche che sono mosse alla riforma liturgica. Solo confrontando le esperienze sia positive che negative sarà possibile trovare nuove soluzioni”. L’invito al confronto qui indicato dal professor Gerhards si accorda con l’auspicio sopra citato dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger.
Nella tavola rotonda conclusiva del Convegno, che si è distinto per la grande qualità degli apporti e per il confronto autenticamente ecclesiale, i relatori hanno comunemente affermato la necessità che, al di là della direzione geografica, l’assemblea torni ad avere un orientamento nella preghiera, al fine di recuperare la necessaria dimensione escatologica e il simbolismo cosmologico della liturgia cristiana. In ordine a questo, ciò che appare oggi urgente è il profondo ripensamento del situarsi del presbitero rispetto ai fedeli. Dall’ostinato faccia a faccia a una attenta modulazione regolata dalla diversa natura degli atti di linguaggio. La croce posta al di sopra dell’altare rimane il segno maggiore verso il quale presbitero e assemblea possono rivolgere la loro preghiera, come suggerito dall’allora cardinale Ratzinger nel noto saggio Lo Spirito della liturgia: “Dove non è possibile rivolgersi insieme verso oriente in maniera esplicita, la croce può servire come l’oriente interiore della fede. Essa dovrebbe trovarsi in alto, al di sopra dell’altare, ed essere il punto cui possono rivolgere lo sguardo tanto il sacerdote che la comunità orante”. Il Convegno si è concluso con l’annuncio del tema del V Convegno Liturgico Internazionale che si terra presso il Monastero di Bose dal 31 maggio al 2 giugno 2007 che proseguirà la riflessione sullo spazio liturgico affrontando i temi del battistero, del luogo del sacramento della penitenza e della riserva eucaristica.
Enzo Bianchi