Lecture by Armand Veilleux
Tale prevalenza del cenobitismo come forma organizzata di monachesimo viene fortemente accentuata due secoli dopo dalla riforma carolingia, che impone una regola monastica unica per tutti i monasteri dell’Impero, mentre, fino a quell’epoca, la maggior parte delle comunità monastiche trovava il proprio nutrimento spirituale nel ricorso a diverse regole, ivi compresa quella di san Colombano, anche se quella di san Benedetto si era di fatto progressivamente imposta nella prassi, per il suo valore intrinseco.
La riforma carolingia ha avuto comunque il merito di distinguere, accanto all’ordo canonicus e all’ordo monasticus, l’ordo solitariorum: gli eremiti da quel momento vengono riconosciuti come categoria in seno alla chiesa e sono soggetti a una certa legislazione.
L’effetto di questa riforma carolingia è di breve durata. L’occidente viene coinvolto in una seconda ondata di invasioni, che ha come risultato l’instaurazione di una prima era feudale nella quale, sulle rovine dell’Impero carolingio, si sviluppa il prestigio del papato. Le comunità cenobitiche vengono assoggettate ai signori feudali – che talora le fondano in espiazione dei loro peccati –, e aspirano a liberarsi da questo rapporto di dipendenza. È quello che fa Cluny, mettendosi sotto l’autorità diretta del Pontefice romano e acquisendo così la propria libertas nei confronti di ogni signore feudale, laico o ecclesiastico.
La riforma di Cluny è un’imponente riforma spirituale, sotto la guida di grandi abati. Ma Cluny, avendo dovuto rinunciare all’autonomia delle comunità locali per far sì che tutte quelle che gli erano affiliate fruissero della libertas della casa madre, diventa un enorme ingranaggio del mondo feudale. A livello istituzionale, questa riforma ha talmente successo che provoca una profonda crisi del cenobitismo.
Infatti, proprio nel momento in cui prosperavano le grandi abbazie dove si cantavano le lodi di Dio con una liturgia elaborata e complessa, e queste stesse abbazie, fondate alle porte delle città, erano divenute centri di formazione intellettuale e di servizio ai poveri, un’altra aspirazione stava nascendo nel popolo di Dio: è l’epoca della riforma gregoriana, che prende nome da papa Gregorio VII (1073-1085), anche se comincia prima del suo pontificato e continua dopo la sua morte. In quell’epoca si assiste a un’ondata dirompente di movimenti di vita cristiana che imprimono un dinamismo a tutto il popolo di Dio. I cristiani – sia laici che chierici – vengono allora contagiati da una grande sete spirituale. Questo movimento tocca anche tutte le forme di vita religiosa: monaci, canonici ed eremiti. Vi si trovano coinvolti uomini e donne, celibi e sposati, chierici e laici. L’aspirazione era un ritorno alla semplicità evangelica della prima generazione cristiana. Andavano in pellegrinaggio per le strade, partivano anche in gruppi molto numerosi verso nuovi “deserti”. La crisi del cenobitismo provoca una rinascita dell’eremitismo.
Nella prima metà dell’xi secolo, alcuni riformatori, come Romualdo a Camaldoli, o come Giovanni Gualberto a Vallombrosa, fanno della penitenza e della povertà vissute in solitudine la motivazione del loro agire e il cuore della loro riforma. Nascono numerose fondazioni di carattere eremitico. Si constata allora lo stesso fenomeno presente in tutte le altre ondate di eremitismo: se, tra coloro che andavano nel deserto invece di entrare nelle comunità cenobitiche, o anche che lasciavano le comunità cenobitiche per andare nel deserto, vi era un certo numero di autentici eremiti, vi era però anche un numero ancor più grande di persone che vi si recavano semplicemente per non aver trovato nelle comunità cenobitiche esistenti la dimensione di solitudine che cercavano. Non era raro allora che, dopo un periodo di solitudine, alcuni di questi eremiti divenissero i fondatori di nuove comunità cenobitiche che incarnavano meglio – quanto meno a loro avviso – l’equilibrio tra solitudine e comunione.