Transfiguration du Seigneur
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Poniamoci dunque in ascolto del vangelo. È proprio l’evangelista Luca, lui solo, che al cuore dell’evento ci rivela che «Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, conversavano con Gesù e parlavano del suo esodo che doveva compiersi in Gerusalemme», parlavano dell’esodo da questo mondo al Padre che Gesù in obbedienza alle Scritture avrebbe vissuto nella piena fedeltà a colui che lo aveva mandato nel mondo. Questo è il collegamento tra Tabor e Golgota, è la vera rivelazione, l’alzare il velo sul destino di Gesù, su ciò che lo attende alla fine di quel viaggio intrapreso verso la città santa di Gerusalemme. Luca racconta che Gesù, subito dopo aver ricevuto la confessione di Pietro che lo ha proclamato con fede Messia di Dio, ha fatto il primo annuncio della necessità della sua passione, della sua condanna, della sua morte e resurrezione (cf. Lc 9,18-22). E proprio dopo questa rivelazione, dopo questi discorsi, «circa otto giorni dopo», ecco l’evento della trasfigurazione, evento che ha una funzione concreta e precisa: attestare che Gesù è veramente il Messia, come lo aveva proclamato Pietro, ma attestare anche che la sua messianicità, la sua gloria contiene come necessitas la sua passione e morte.
Gesù aveva annunciato la venuta del regno di Dio, aveva annunciato anche che alcuni tra suoi discepoli avrebbero visto il regno di Dio prima di morire (cf. Lc 9,27). E così avviene. Gesù prende con sé tre dei suoi discepoli, Pietro, Giovanni e Giacomo, e sale sul monte per pregare: pregare con loro, non pregare da solo, pregare con loro davanti al sopravvenire degli eventi ormai annunciati, pregare con loro per trovare luce sul cammino che lo attende. Ed ecco, durante la preghiera, la manifestazione della gloria di Dio nella sua carne, nella sua persona: accade una trasformazione del suo volto che diventa splendente, una trasformazione delle sue vesti che diventano sfolgoranti. Gesù è altro? No, è l’uomo Gesù di Nazaret, ma è visto, contemplato nella sua gloria, nel suo legame mai spezzato con il Padre, con Dio. A questo proposito mi permetto di ricordare che secondo i padri della chiesa greca la trasformazione, la metamorfosi è soprattutto un evento che ha riguardato gli occhi, e non solo gli occhi, ma anche il cuore dei tre discepoli. Ciò che è stato trasfigurato è lo sguardo dei tre, i quali hanno visto per grazia ciò che non sapevano vedere nella quotidianità della vita con Gesù. A loro è stata data la facoltà di vedere il Cristo nella sua realtà più profonda: quella di Figlio di Dio, realtà che restava nascosta in tutta la vicenda terrena di Gesù.