"Donne-nous notre prère spirituel"
Questa virtù da sempre definisce una figura antica: il padre spirituale, «un maieuta», spiega Enzo Bianchi, «che esercitando l’accompagnamento libera dall’individualismo quanti si mettono sulla nuova strada della vita spirituale». Non è uno psicanalista, né una figura sacramentale come il confessore, ben diversa nel suo ministero di perdono e di riconciliazione tutto interno alla disciplina ecclesiastica. Mentre quello del padre spirituale è un «ministero di epifania» che aiuta attraverso la dialettica a «manifestare i pensieri del cuore» anche, volendo, nei non credenti, ancorandoli però a una dottrina ormai troppo spesso ignorata, ponendo in dialettica la realtà dell’oggi con l’insegnamento atavico delle scritture, facendosi così garante della correttezza ecclesiastica. Perché quella che Ratzinger ha chiamato «tensione tra legame e libertà », cioè tra bisogno di appartenenza e necessità di autonomia, non si traduca al cospetto dell’attualità in un chiacchiericcio eccitato e narcisistico, è necessaria l’«esperienza antropologica», come la
chiama Bianchi, «di colui che aiuta la libertà, ma anche a esercitarla con responsabilità e a ricondurla al Vangelo», a una riflessione millenaria in cui l’improvvisazione non solo del pensare ma anche del sentire può essere dannosa.