"Donne-nous notre prère spirituel"
È dunque di profonda attualità il tema del XVI Convegno Ecumenico Internazionale di Spiritualità Ortodossa, «La paternità spirituale», organizzato con il patrocinio congiunto del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca, che si è aperto ieri al monastero di Bose in memoria di un grande padre spirituale recentemente scomparso, Emilianos di Silyvria , e alla presenza di un parterre eccezionale di teologi e prelati delle varie confessioni cristiane. Ai grandi studiosi laici e ecclesiastici (da Gabriel Bunge a Michel Van Parys) e ai rappresentanti della Curia (da Achille Silvestrini a Brian Farrell) e dei due Patriarcati si affiancheranno i vertici delle Chiese ortodosse di Grecia, Antiochia, Ucraina, Serbia, Romania, Bulgaria, Armenia; insieme con monaci e monache venuti da Occidente e Oriente, alcuni anche dalla tormentata Georgia. Il convegno seguirà un percorso trasversale che dalla Bisanzio del IV e V secolo condurrà alla Russia del XVIII e XIX. Il padre spirituale è infatti una figura costante nella tradizione bizantino-ortodossa, fino agli starcy che dai monasteri dialogavano con i laici e tanto influenzarono la letteratura russa ottocentesca, a cominciare da Dostoevskij. Ma anche fino a quei preti sposati che ancora oggi nel mondo ortodosso fanno da padri spirituali persino ai non credenti. Senza nascondersi i rischi di plagio: una delle relazioni tratterà anche dei fallimenti della paternità spirituale in Russia dopo il crollo del comunismo, del fenomeno dei cosiddetti «falsi starcy», «dittatori delle coscienze» condannati dai sinodi della Chiesa di Mosca. Il «maieuta», il «cardiognostico» che si prende cura dei laici, che siano umili contadini o raffinati intellettuali teocon, è una figura invece meno diffusa e meno nota nella tradizione cattolica, in cui la paternità spirituale, esercitata nel mondo monastico, solo di rado e molto più discretamente che in Oriente ha pervaso la società esterna.