Le combat spirituel chez les Pères de l'Église
Si tratta di immagini, di impulsi, di inclinazioni negative che, insinuandosi nel cuore, turbano la “mente” – la suprema facoltà umana che, all’interno del cuore, vigila su di esso – distraendola dal ricordo di Dio e spingendola al peccato. Secondo tutta la tradizione patristica questi “pensieri cattivi” traggono origine da una suggestione demoniaca esterna all’uomo e dunque sono inizialmente indipendenti dalla sua volontà: essa però può decidere se acconsentirvi o meno e nella misura in cui vi acconsente essi si rafforzano e si radicano sempre più nel suo mondo interiore, tanto che, mascherando la loro origine esteriore, sembrano provenire dal cuore stesso dell’uomo, come dice Gesù nell’evangelo (cf. Mt 15,19).
La tradizione monastica ha definito, a partire da Evagrio Pontico, con poche variazioni negli autori successivi, otto principali pensieri cattivi, che contengono e generano tutti gli altri: ingordigia (gastrimarghía), fornicazione (porneía), avarizia (philargyría), tristezza (lýpe), ira (orghé), acedia (akedía), vanagloria (kenodoxía), e orgoglio (hyperephanía). Tra questi otto, tre – l’ingordigia, l’avarizia e la vanagloria – precedono e generano gli altri cinque, ed essi stessi non sono che tre manifestazioni di quell’unico pensiero cattivo, che è la radice e la causa di ogni male che assale l’uomo: l’amore di sé (philautía). “Chi lo ha spezzato, ha spezzato anche tutte le passioni che nascono da esso”.