Conclusions of the conference

 

Abbiamo ancora ascoltato la testimonianza di Gregorio Magno che fa della lectio divina la sua esperienza quotidiana dello Spirito santo. Confrontandosi con quel testo ispirato dallo Spirito, sente di essere egli stesso strumento dello Spirito, nella misura in cui vede crescere la Parola tra le sue mani e nella sua vita. Gregorio ci ricorda che il Verbo di Dio si sviluppa nelle mani della Chiesa e che, nella Chiesa, ciascuno è raggiunto da una parola che gli è indirizzata in un modo specialissimo, come una lettera che Dio gli invia, e che ha un unico fine: rivelargli il cuore di Dio. Per Gregorio la lectio divina è il luogo di incontro quotidiano tra ogni credente e il suo Signore. E ciò è particolarmente necessario per chi nella comunità dei credenti ha un ruolo di guida: la sua autorità gli viene solo – ribadisce il pastore e papa Gregorio – da un’assidua frequentazione delle Scritture. Niente è più importante per il pastore del gregge e a null’altro egli potrà attingere la forza del suo ministero.
Infine questa centralità della Scrittura è emersa anche dall’opera di Teofane il Recluso, in particolare nei suoi commenti ad alcuni salmi dove il colto solitario sa armonizzare le sue vaste conoscenze scientifiche e spirituali, mettendo a frutto le acquisizioni accademiche, in una profonda intelligenza spirituale. Non disprezza lo studio scientifico, né il buono che si trova nelle tradizioni altre rispetto alla propria. Sa studiare con la mente, per alimentare la sua vita interiore.

Un secondo asse delle nostre giornate ci ha condotto a confrontarci con il metodo e con i metodi di lettura della Scrittura e dunque con la sua natura. In altre parole, con il problema dell’interpretazione (penso ai due contributi su “I padri e le ermeneutiche della Bibbia” e “Esegesi storico-critica e lettura ecclesiale della Bibbia”, come anche alla presentazione su “Rinnovamento spirituale e studi biblici in Russia tra XIX e XX secolo”). Abbiamo spesso sentito risuonare quella che ci è parsa un’opposizione irriducibile tra “lettura patristica della Scrittura” e “metodo storico critico”. Un’analisi più dettagliata ci ha tuttavia suggerito qualche nuova pista di riflessione.

Innanzitutto abbiamo ribadito la natura teandrica della Scrittura. Il Libro dei cristiani – è stato affermato a più riprese – non è un libro “caduto dal cielo”, ragione per cui noi cristiani non possiamo in alcun modo definirci “religione del libro”. Lo Spirito santo ha illuminato, ha ispirato degli uomini che hanno scritto essendo uomini. Come il Figlio, nella sua incarnazione, è entrato in una storia concreta e definita, così anche la Scrittura non nasce in un contesto penumatico astorico, ma in una storia di cui porta i segni. Il cristianesimo è e resta religione dell’incarnazione! Di qui la necessità di conoscere questo contesto e di tenerne conto nella nostra interpretazione. Questo per evitare qualsiasi tipo di interpretazione letteralistica e fondamentalistica della Scrittura, che non appartiene alla grande tradizione cristiana.