Conclusions of the conference

 

In secondo luogo abbiamo constatato che un’opposizione frontale tra esegesi patristica ed esegesi moderna è indebita, e questo per varie ragioni. Innanzitutto perché i padri furono contemporanei delle culture del loro tempo, nel senso che seppero mettere a frutto le conoscenze della loro epoca e seppero parlare agli uomini loro contemporanei, utilizzando un linguaggio che non umiliasse la loro intelligenza. Ma anche perché seppero utilizzare una pluralità di approcci esegetici. Per riprendere le due grandi scuole teologiche di Alessandria e Antiochia, nelle nostre semplificazioni affermiamo che ad Alessandria prevalse l’allegoria e ad Antiochia la lettera. Ma chi meglio di Origene, il padre dell’esegesi allegorica, ci ha mostrato una perizia filologica e storica pari a quella di cui dà prova nelle Exaple, dove applica alla lettura della Scrittura i metodi di edizione della scuola pagana di Alessandria? E lo stesso può dirsi di Antiochia: l’amore per la storia del testo e per la lettera non ha impedito i padri antiocheni di superare poi la “lettera” tramite la “teoria”, discernendo quel senso altro che la lettera contiene e rivela all’occhio della fede. In altri termini, i padri ci sono maestri anche per comprendere più correttamente quell’antagonismo che abbiamo visto emergere nei nostri confronti e che si rivela di fondamentale importanza nel momento storico in cui viviamo. Direi che essi rifiutano il posto in cui a volte li confiniamo, di fronte (e dunque in opposizione) ad un approccio storico, e ci ricordano la legittimità di una pluralità di sensi che la Scrittura contiene e che il lettore deve saper ritrovare senza opporli ma arricchendoli l’uno con l’altro.
Consentitemi, a questo proposito, di rifarmi a un padre siriaco del VII secolo, anche per ricordare che i nostri quesiti e problemi sono tutt’altro che moderni. Egli attesta, infatti, un’aspra contrapposizione tra “esegesi di scuola” ed “esegesi spirituale”, tra Atene e Gerusalemme (abbiamo più volte ripetuto in questi giorni). E, rifacendosi alla testimonianza dei padri, questo autore afferma che tale contrapposizione non fa loro giustizia. Egli distingue infatti tre approcci ermeneutici che restano ugualmente legittimi, ciascuno nel proprio ambito, e che devono fecondarsi reciprocamente. Vi è quella che egli chiama esegesi “storica” praticata nelle scuole; vi è poi l’esegesi “omiletica” (e specifica: alla maniera di Basilio e Giovanni Crisostomo) praticata nelle chiese di villaggi e città; infine vi è un’esegesi “spirituale” praticata dai solitari. I tre approcci non devono escludersi né contrapporsi, ma piuttosto nutrirsi reciprocamente. Il contesto della lettura deve determinarne l’orientamento, che tuttavia deve sempre restare in dialogo con le altre letture ugualmente legittime.