Spiritual Paternity and Contemporary World
L’accento messo sulla confessione dei peccati e molto meno sulla comunione eucaristica è abbastanza specifico del monachesimo romeno. Tutti i nostri grandi spirituali insistono sulla confessione e sulla penitenza per i peccati come essenza stessa della vita spirituale, battesimo delle lacrime o secondo battesimo. I canoni dei concili della chiesa o di alcuni padri, come san Basilio di Cesarea o Giovanni il Digiunatore sulle “epitimie” per i peccati sono abbastanza conosciuti ma applicati in modo molto diverso. In generale, i presbiteri monaci sono molto più esigenti dei presbiteri di parrocchia. Ci sono anche degli estremi: per lo stesso peccato grave (l’aborto, per esempio) un presbitero monaco può proibire la comunione eucaristica 7 anni o anche più, mentre un prete di parrocchia dà come “epitimia” accendere 40 candele! I fedeli preferiscono confessarsi nei monasteri, ma spesso sono caricati di “epitimie” che non possono compiere, come: il digiuno totale di mercoledì e venerdì, l’astinenza coniugale nei giorni di digiuno e nelle lunghe quaresime, numerose metanie (genuflessioni), letture degli Acatisti o di altre preghiere… Il padre Dumitru Staniloae (morto nel 1993) raccomanda nella sua Dogmatica la moderazione nelle “epitimie”. È dell’avviso che oggi non bisogna proibire la comunione più di tre anni ai penitenti che si pentono veramente dei loro peccati.
Nella stessa direzione si esprime il padre Cleopa: “Con chi ha commesso dei peccati mortali e insiste a comunicarsi il più possibile, ecco come precedere. Se si confessa con compunzione, con lacrime e con un grande dispiacere per i peccati commessi, il confessore che ha gli proibito la santa comunione per un certo tempo, in conformità con i santi canoni, può procedere per economia nel modo seguente: deve dividere l’‘epitimia’ e il numero di anni di penitenza per tre. Metterà una parte dell’‘epitimia’ sulla misericordia e sull’amore per gli uomini del nostro Dio, poiché nessuno è senza peccato; una seconda parte ritornerà al penitente e la terza al confessore stesso, poiché detiene dal suo vescovo il potere di legare e sciogliere secondo l’irremovibile promessa del Signore nostro Gesù Cristo” (Ioannichie Balan, Convorbiri duhovnicesti, Husi 1984, p. 60).
Questo non diminuisce per niente l’importanza della penitenza e dell’ascesi che sono al cuore della spiritualità ortodossa. È impossibile liberarsi del peccato e tanto più di una passione cattiva senza una lotta accanita, i cui mezzi sono proprio la penitenza e l’ascesi nei suoi molteplici aspetti: la preghiera, il digiuno, le genuflessioni, le stazioni in piedi, la moderazione in tutto, l’obbedienza che per i padri èal di sopra anche della preghiera e del digiuno. Un adagio della tradizione ascetica dice: “Dà sangue, ricevi lo Spirito”. Non è pelagianesimo! Infatti, i monaci sono consapevoli che “Tutto è grazia”. Ma solo con l’ascesi il nostro essere (corpo, anima e spirito) diviene sensibile, si apre all’azione della grazia.
Malgrado l’assenza di padri spirituali esperti, san Silvano dell’Athos ci consiglia di rivolgerci in ogni circostanza a un presbitero, anche se non ha un’esperienza adeguata: “Tutte le nostre sventure provengono dal fatto che non chiediamo consiglio agli anziani che sono stati stabiliti per guidarci e, da parte loro, i pastori non chiedono al Signore come devono agire” (p. 366).
“Se il padre spirituale non è passato lui stesso per l’esperienza della preghiera, interrogalo lo stesso e per la tua umiltà il Signore avrà pietà di te e di condurrà fuori da ogni errore. Ma se ti dici: ‘Questo padre spirituale deve essere inesperto, perché è troppo affaccendato, mi condurrò da solo con l’aiuto dei libri’, sei su una via pericolosa e alle soglie dell’illusione spirituale” (pp. 368-369).
Vorrei abbordare anche, di passaggio, l’atteggiamento di alcuni padri spirituali che ho conosciuto davanti all’ecumenismo. Come si sa, i monaci del Monte Athos sono in generale anti-ecumenici, poiché vedono nel dialogo ecumenico una sorta di mercanteggiamento della verità confessata dalla chiesa ortodossa. L’influenza del Monte Athos è molto grande in tutti i paesi a maggioranza ortodossi, dove ci sono degli ambienti anti-ecumenici molto aggressivi. La Romania non fa eccezione. L’anti-ecumenismo, come si manifesta oggi, è una forma di fanatismo religioso. Infatti, nella gerarchia ortodossa nessuno ammette il compromesso in materia di fede. Ora, il fanatismo religioso è una negazione della religione stessa. Perciò per me è inimmaginabile un’ortodossia fanatica, militante, rivoluzionaria, benché abbia difeso nel corso della storia la verità evangelica a prezzo di innumerevoli sofferenze e martiri. Vorrei vedere, invece, un’ortodossia missionaria, aperta, duttile, capace di testimoniare la propria ricchezza mistica.