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Comentários às leituras dos domingos e dos dias festivos

V Domingo de Páscoa

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22 Maio 2011
Reflexões sobre as leituras
de
LUCIANO MANICARDI
Jesús, com as suas palavras, faz, da sua partida e do vazio que ela deixa, uma ocasião de renascimento para os seus discípulos. Pedindo fé, pressiona-os a transformar o medo do novo e o terror do abandono na coragem de se darem, apoiando-se no Senhor; 

domenica 22 maggio 2011

At 6,1-7; Sal 32; 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

Il Cristo risorto, andato al Padre (vangelo), è il fondamento dell’edificio spirituale che è la chiesa (II lettura): è in riferimento a lui, con la preghiera che guida il discernimento, che i credenti affrontano i problemi della comunità cristiana cercando di farlo regnare sulla vita della comunità (I lettura).

Il Cristo che lascia i suoi discepoli e sale al Padre chiede loro la fede (cf. Gv 14,1.10.11.12); la chiesa fondata sul Crocifisso Risorto è l’insieme dei credenti chiamati a “offrire sacrifici spirituali graditi a Dio” (1Pt 2,5): il riferimento è certamente alla liturgia, ma più estesamente al culto nell’esistenza quotidiana, a fare del quotidiano il luogo dell’adorazione di Dio in cui il credente offre il proprio corpo in “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rm 12,1); i problemi organizzativi della comunità, che rischierebbero di  soffocare ciò che è essenziale nella chiesa, devono essere risolti in modo da far sempre emergere il primato della Parola di Dio e il suo servizio. La predicazione stessa deve sempre essere innestata nella preghiera: “Di che utilità potrebbe mai essere una predicazione disgiunta dalla preghiera? In primo luogo viene la preghiera, e dopo la parola, come dicono gli apostoli: ‘Noi ci dedichiamo alla preghiera e al ministero della parola’ (At 6,4)” (Giovanni Crisostomo).

Che il Cristo risorto sia “pietra scartata dai costruttori, ma scelta da Dio e divenuta pietra angolare” (1Pt 2,7; cf. Sal 118,22), è importante per quanti si trovano a vivere “vite di scarto” (Zygmunt Bauman), a essere rigettati ai margini della società o del mondo o del loro gruppo o della chiesa. Dio sceglie ciò che nel mondo è disprezzato e insignificante, sceglie “la spazzatura del mondo” (1Cor 4,12) per confondere i costruttori mondani e le loro costruzioni che si reggono su criteri di efficienza e produttività, che richiedono conformismo e omologazione, che vogliono che le pietre sino morte e non vive. Una pietra viva, fedele eco del Crocifisso Risorto, è un ossimoro intollerabile per la razionalità mondana e abbisogna di essere scartata.


 

Il vangelo presenta l’addio di Gesù ai suoi. L’addio è l’ultimo saluto che intercorre tra chi se ne va per sempre e chi resta. Ma l’addio, e più che mai l’addio pronunciato da Gesù, è anche una promessa: ad Deum. Con l’ad-Dio il futuro, proprio e degli altri, è posto in Dio. Gesù, che ha sempre vissuto le sue relazioni nell’ad-Dio, cioè davanti a Dio e per Dio, vi pone anche il suo futuro. Che è anche il futuro di chi è “suo”, di chi “crede in lui” (cf. Gv 14,12). Infatti, il Figlio è nel Padre e il Padre è nel Figlio (cf. Gv 14,10), e il discepolo che rimane nel Figlio (cf. Gv 15,1-7), rimane anche nel Padre (cf. 1Gv 2,24). Se così va inteso l’ad-Dio, allora ogni nostra relazione dovrebbe restare sotto il suo segno, cioè sotto il segno dell’apertura e dell’invocazione all’Altro che salva le relazioni con gli altri dai rischi dell’assolutismo, della tirannia, della violenza.

Dopo aver annunciato la sua partenza, Gesù ha dato ai discepoli il comando dell’amore (cf. Gv 13,33-34) e ora chiede loro di aver fede e di non essere turbati (cf. Gv 14,1). Di fronte a un distacco si prova dolore per la persona che se ne va, ma anche smarrimento e ansia per il futuro proprio e della propria comunità che era legata vitalmente alla presenza che ora non è più. La dipartita di Gesù è crisi per la comunità dei suoi discepoli. E il turbamento del cuore non riguarda solo la sfera emotiva e dei sentimenti, ma indica anche la paralisi della volontà e della capacità di prendere decisioni, l’annebbiamento dell’intelligenza e del discernimento. Gesù, con le sue parole, sta facendo della sua dipartita e del vuoto che egli lascia un’occasione di rinascita dei suoi discepoli. Chiedendo fede, li spinge a trasformare la paura del nuovo e il terrore dell’abbandono nel coraggio di donarsi appoggiandosi sul Signore; promettendo che va a preparare un posto per loro, egli vive la sua partenza in relazione con chi resta e mostra che non li sta abbandonando, ma sta inaugurando una fase nuova e diversa di relazione con loro. Il distacco è in vista di una nuova accoglienza (cf. Gv 14,2-3).

LUCIANO MANICARDI

Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero

IV Domingo de Páscoa

15 Maio 2011
Reflexões sobre as leituras
de
LUCIANO MANICARDI
A Revelação de Jesús, enquanto Pastor, é, também, juízo de quem é ladrão, bandido, estranho. Se o Pastor Jesús veio para dar a vida

domenica 15 maggio 2011

At 2,14.36-41; Sal 23; 1Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10

La quarta domenica di Pasqua contempla il Risorto quale pastore della chiesa. Il pastore indica al gregge la via da percorrere e il Cristo-Pastore indica alla chiesa la via che essa deve seguire. Via che, secondo la prima lettura, si chiama conversione. “Convertitevi” (Metanoésate: At 2,38), risponde Pietro alle folle di Gerusalemme che gli chiedevano: “Che cosa dobbiamo fare?” (At 2,37). L’attività pastorale degli apostoli suscita un itinerario che, a partire dall’ascolto della parola predicata e dalla fede, si dipana in alcune tappe: conversione; battesimo; remissione dei peccati; effusione dello Spirito. Tutto questo conduce all’aggregazione alla comunità cristiana (cf. At 2,41). La seconda lettura mostra il modello di questo cammino di salvezza: Cristo. Il Cristo che ha sofferto la passione e la morte lascia ai suoi seguaci un tracciato affinché seguano le sue orme (cf. 1Pt 2,21). Così essi, come pecore prima smarrite, possono tornare al loro pastore e custode (cf. 1Pt 2,25). Il vangelo ribadisce che Cristo è la porta attraverso cui deve passare il cammino del discepolo: si tratta di un cammino spirituale di ascolto, sequela e conoscenza del Signore.

La rivelazione di Gesù quale pastore diviene anche giudizio di chi è ladro, brigante, estraneo. Se il pastore Gesù è venuto per dare la vita e perché gli uomini abbiano la vita in abbondanza, ladri e briganti invece vengono per “rubare, sacrificare (la Bibbia CEI traduce “uccidere”) e far perire” (Gv 10,10). Di costoro Gesù dice che “sono venuti prima di me”, ma questo non va inteso in senso cronologico, quasi che si riferisse ai personaggi della prima alleanza. Ignazio di Antiochia ha compreso bene: “Cristo è la porta del Padre, attraverso la quale entrano Abramo, Isacco e Giacobbe, i profeti, gli apostoli e la chiesa” (Ai Filadelfesi IX,1). Si tratta invece dei falsi messia che si presentano agli uomini avanzando la pretesa di essere dei salvatori: quand’anche venissero dopo (cronologicamente) rispetto a Gesù, essi rientrerebbero nel novero degli usurpatori qui intravisti. Il criterio discriminante che dice l’autenticità della missione è nel sottrarre per sé o nel donare, nel portare morte o nel portare vita. In particolare viene condannato il sacrificare: ovvero, il togliere vita in nome di Dio, il servirsi delle persone per fini religiosi fino ad annientarle, l’usare il nome di Dio e la religione per fare violenza, il togliere la libertà alle persone dando forma nuova agli antichi sacrifici umani.


 

Ladro e brigante è chi si erge a padrone del gregge considerando “sue” le persone che appartengono a Cristo. Il Sal 100 recita: “Riconoscete che il Signore è Dio, è lui che ci ha fatto e non noi, noi siamo suo popolo e gregge del suo pascolo” (Sal 100,3). Non noi, ma tu, Signore; non io, ma tu, Signore. Questa confessione della nostra radicale povertà – non io, ma tu –, è anche la condizione della preghiera, il movimento della fede e dell’amore che nasce dalla rivelazione che Gesù, il Cristo crocifisso e risorto, è il pastore delle pecore.

Gesù si autodefinisce porta delle pecore, cioè per le pecore, non porta del recinto. Il termine “recinto” è espresso in greco dal vocabolo aulé che si riferisce normalmente non a un ovile, ma al vestibolo davanti al tabernacolo o al tempio (cf. Es 27,9; 2Cr 6,13; 11,16; Ap 11,12). Ovvero, la porta che immette nella comunione con Dio non è il tempio di Gerusalemme, ma il Cristo morto e risorto. Se Cristo è la “porta” che conduce alla salvezza (Gv 10,9) e se la porta fa parte dell’edificio a cui permette l’accesso, Gesù è al tempo stesso il mediatore della salvezza e la salvezza stessa. Gesù è la Via verso il Padre, ma è anche la Vita (Gv 14,6): in Gesù troviamo la vita del Padre.

Il pastore “fa uscire” le sue pecore (Gv 10,3: Vulgata: educit). Il pastore immette in un cammino di esodo, dunque di liberazione. Compito del pastore è educare alla libertà. Egli chiama per nome ciascuna delle sue pecore e le educa conducendole a vivere in nome proprio. L’educazione è il luogo dell’assunzione della responsabilità nei confronti di chi viene dopo di noi; è uno degli aspetti del ministero pastorale.

LUCIANO MANICARDI

Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero

III Domingo de Páscoa

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8 Maio 2011
Reflexões sobre as leituras
de
LUCIANO MANCIARDI
O estrangeiro que nos visita, que cruza os nossos caminhos, encontra muitas vezes, analogamente, a nossa desconfiança, a nossa superioridade, o nosso medo, o nosso ódio. Mas, nós tememo-lo de facto, porque ele nos conduz a um confronto com nós mesmos.

Domingo 8 Maio 2011

Ano A

Act 2,14.22-33; Sal 15; 1Pe 1,17-21; Lc 24,13-35

L’annuncio pasquale risuona in modo diverso nei testi biblici odierni: nel resoconto scettico dei due di Emmaus (“Egli è vivente”: Lc 24,23), nell’annuncio vigoroso della predicazione di Pietro (“Questo Gesù Dio l’ha risuscitato”: At 2,32), nella comunicazione di fede che Pietro indirizza alle comunità destinatarie della sua prima lettera (“Dio l’ha risuscitato dai morti”: 1Pt 1,21).

Il Risorto manifesta la sua presenza negli apostoli che sono divenuti suoi testimoni e che annunciandolo lo rendono presente tra gli uomini (cf. At 2,32); nella fede e nella speranza che abitano i credenti (cf. 1Pt 1,21); nella riunione comunitaria e liturgica degli Undici a Gerusalemme (cf. Lc 24,33-35); nella Parola spiegata e nel Pane condiviso (cf. Lc 24,25-32).

Il tema del cammino è presente nelle tre letture. La resurrezione di Cristo è profetizzata dal mutamento attuato da Dio del cammino di morte del fedele in cammino di vita (Salmo 16 citato in At 2,25-28); la fede nel Cristo risorto nasce nei due di Emmaus durante un cammino che non è solo geografico, ma spirituale e che attraversa la disillusione e il dubbio, il vuoto e lo scetticismo (vangelo); la fede nel Cristo risorto dà origine a un tipo di presenza cristiana nel mondo descritta come paroikía, cammino nel timore e nella speranza, cammino come in terra straniera (II lettura).


 

Per i due di Emmaus l’incontro con il Risorto segna il passaggio dalla de-missione alla missione e diviene la storia di una ri-creazione. Le loro orecchie ascoltano la spiegazione della Scrittura, il loro cuore viene rianimato e scaldato, i loro occhi si aprono, la loro parola ritrova capacità di comunicazione e di comunione, le loro persone ridiventano capaci di relazione: insistono perché Gesù, che prima avevano trattato con sufficienza, si fermi con loro e sieda a tavola con loro.. Essi ritrovano il coraggio della relazione e della speranza. E trovano la forza di ritornare alla comunità che avevano abbandonato. Sì, a volte è difficile rimanere nella chiesa e la tentazione dell’abbandono si può far sentire, per i più svariati motivi. Ma il motivo unico che rende vivibile la chiesa è la fede nel Risorto: grazie a essa è possibile non solo perseverare, ma fare della perseveranza un’esperienza di resurrezione, una partecipazione spirituale alla vita del Risorto. La chiesa, pur con le sue povertà e i suoi peccati, è il corpo di Cristo, il reale luogo della fraternità che impedisce la riduzione della fede a docetismo o a gnosi.
La presenza del Risorto è invisibile e silenziosa. Essa si rende visibile nel volto di uno straniero, di un pellegrino che diviene improvvisato compagno di strada, e parla attraverso le parole della Scrittura. La Bibbia e l’altro uomo, la Parola di Dio contenuta nelle Scritture e il volto dell’altro, soprattutto dello straniero e del povero, sono luoghi per eccellenza in cui la presenza del Risorto può incontrarci ricordandoci il comando evangelico: ama Dio e il tuo prossimo.

Il forestiero sconosciuto diventa il portatore della rivelazione. Lo straniero incontrato da Cleopa e dall’altro discepolo anonimo non viene riconosciuto e deve scontrarsi con la loro diffidenza e sufficienza, salvo rivelarsi poi l’inviato di Dio. Il riconoscimento dello straniero passa attraverso un lavoro di memoria che restituisce i due discepoli alla loro storia. Più che sconosciuto, era non-riconosciuto. Riconosciutolo, non lo vedono più, ma sono rinviati a se stessi e possono riannodare i fili della loro storia e ricompattare la loro comunità. O estrangeiro que nos visita, que cruza os nossos caminhos, encontra muitas vezes, analogamente, a nossa desconfiança, a nossa superioridade, o nosso medo, o nosso ódio. Mas, na verdade, nós tememo-lo porque ele nos conduz a um confronto com nós mesmos. Lo straniero fa di noi degli stranieri: lui è straniero per me e io sono straniero per lui. Egli rivela, personalizzandola con la sua diversità evidente, una dimensione nascosta, e temibile, di me. Riconoscere lui (senza appropriarsi di lui) significa anche riconoscere noi stessi (senza disappropriarci di noi). Allora l’incontro può divenire apparizione.

LUCIANO MANICARDI

Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno A
© 2010 Vita e Pensiero

Páscoa - Missa Vespertina

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Domingo 24 Abril 2011
Reflexões sobre as leituras
de
LUCIANO MANICARDI
O caminho de conversão, isto é, de regresso a Jerusalém, dos dois amigos de Emaús, contém os elementos essenciais para um itinerário de conversão

domenica 24 aprile 2011

Anno A
Lc 24,13-35

Gli eventi narrati nel nostro brano evangelico sono collocati da Luca nel giorno della resurrezione. Cioè, il primo giorno dopo il sabato, il primo giorno della settimana, il “giorno del Signore” (Ap 1,10), quel giorno che diventerà nella tradizione cristiana un tempo sacramentale memoria della resurrezione di Gesù. La resurrezione, le apparizioni del Risorto, il dono dello Spirito sono situati dal Nuovo Testamento in questo giorno, la domenica, in cui i cristiani si riuniscono nell’assemblea eucaristica per celebrare la pasqua settimanale. Giorno non rimpiazzabile o sostituibile con altri (per esempio il giovedì in cui il Signore ha consumato l’ultima cena), la domenica è memoria dell’evento pasquale. Custodire e trasmettere la fede significa anche, e in particolare, santificare il tempo facendo concretamente della domenica il giorno del Signore.

L’incontro con il Risorto si manifesta, per i due discepoli di Emmaus, come passaggio dalla divisione alla comunione. Divisione anzitutto rispetto alla comunità gerosolimitana da cui si allontanano, ma poi divisione tra di loro, come appare dalla discussione che li accalora e che sfocia quasi in litigio. Il verbo usato da Luca (syzeteîn: v. 15) appare altrove per indicare un litigio, una discussione cieca (cf. Lc 22,23), un’aperta contrapposizione (cf. At 6,9; 9,29). La pedagogia di Gesù conduce i due, attraverso la spiegazione cristologica delle Scritture (v. 27) e la fractio panis (v. 30), a ritrovare unità in se stessi (il fuoco che arde nel loro petto), tra di loro (il loro parlare diviene una comunicazione della loro esperienza spirituale: v. 32) e con la loro comunità a cui fanno prontamente ritorno (vv. 33-35).


 

La spiegazione delle Scritture fatta da Gesù non è dettagliata: non sappiamo che cosa Gesù abbia detto. Ma il lettore dell’opera lucana potrà avere tale spiegazione dalla bocca degli apostoli se leggerà gli Atti degli apostoli dove la predicazione apostolica altro non sarà che esegesi spirituale e cristologica delle Scritture, in particolare delle profezie veterotestamentarie (cf. At 8,5 ss.). La chiesa è chiamata a fare ciò che Gesù stesso ha fatto. La predicazione ecclesiale delle Scritture ha il compito di annunciare l’evento pasquale e di guidare a Cristo.

L’apertura degli occhi dei due di Emmaus appare come una rinascita, un’illuminazione, da accostarsi all’apertura del cuore operata dal Signore su Lidia mentre ascoltava la predicazione di Paolo (cf. At 16,14) e all’apertura della mente attuata dal Risorto sugli Undici a Gerusalemme con la spiegazione delle Scritture alla luce dell’evento pasquale (cf. Lc 24,45). Questa apertura di ciò che prima era chiuso è manifestazione di resurrezione ed è dovuta all’apertura della Scrittura che il Signore stesso compie. Dice il salmista: “L’apertura delle tue parole illumina, dà intelligenza ai semplici” (Sal 119,130). La spiegazione delle Scritture nello Spirito santo attua la resurrezione a parola vivente della parola biblica e la ricreazione del cuore e della mente dell’ascoltatore. Nella chiesa occorrerebbe avere coscienza che proclamare e spiegare le Scritture significa inserirsi nella dinamica pasquale: ogni proclamazione liturgica della Parola dovrebbe essere esperienza di resurrezione grazie allo Spirito che guida chi annuncia e proclama la Parola e che interiorizza la presenza del Signore nel cuore di chi ascolta. Così la chiesa nel suo insieme viene aperta dalla Parola e dallo Spirito ad accogliere il novum che il Signore opera nella storia e fa essa stessa esperienza di resurrezione passando dalle sue paure e chiusure al coraggio di una parola ispirata nella sua missione.

Il cammino di conversione, cioè di ritorno a Gerusalemme dei due di Emmaus, contiene elementi essenziali per ogni itinerario di conversione. Anzitutto il rispetto, nel senso etimologico di retro aspicere, guardare indietro vedendo il passato in modo rinnovato; quindi il coraggio di riconoscere gli errori; infine l’umiltà di cambiare strada e ritornare a Gerusalemme aggregandosi nuovamente alla comunità da cui ci si era allontanati.

LUCIANO MANICARDI

Comunità di Bose
Eucaristia e Parola
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