La terra promessa dell'incontro
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Questa immagine dell’incontro e dell’ospitalità non è soltanto escatologica: caratterizza la figura di Gesù di Nazaret, “l’essere ospitale” per eccellenza. Essa è per ora, segna l’entrata nella “terra dove scorrono latte e miele” (Es 3,8). Ogni terra può diventare terra promessa quando degli esseri vivono l’incontro fino in fondo, come ha fatto Gesù di Nazaret … La sua ospitalità è radicale, al punto che egli si annulla per permettere all’altro di trovare la propria identità
Qual è la posta in gioco di questa ospitalità? È la rivelazione di ciò che la tradizione biblica chiama “fede”. Non ancora una fede esplicita in Dio, ma la fede come espressione ultima dell’essere umano, quell’atto fondamentale, del tutto elementare, che scommette sulla vita. Ne vale la pena, c’è di mezzo la vita: essa manterrà la promessa. Nessuno di noi ha scelto di esistere, siamo stati tutti messi al mondo, e ciascuno deve riconciliarsi con il fatto di esistere in certe condizioni precise, di tipo sociale, culturale, nazionale, religioso, politico, con i loro limiti terribili: le disuguaglianze di ogni sorta, i confronti che esse producono, le immagini altrui che ci aggrediscono, e via dicendo. L’ospitalità è il luogo della riconciliazione con se stessi. E nessuno può farlo al posto di un altro. Ecco allora il miracolo della reciprocità. Un essere ospitale può generare in me questo atto di fede: la mia esistenza vale la pena di essere vissuta…
