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Un creato da custodire


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Architettura, Liturgia e Cosmo
Architettura, Liturgia e Cosmo
Un pensiero trinitario sa mantenere in equilibrio la confessione del Padre, quale origine santa e fonte inattingibile del creato, con il riferimento al Figlio – soggetto di un’“incarnazione profonda” nella storia evolutiva, che tutta la coinvolge nel passaggio pasquale da morte a vita – e quello allo Spirito, presenza solidale con ogni creatura dolente, che la guida alla nuova creazione.

Troviamo quindi una convergenza di prospettive a disegnare il volto di un Dio la cui santità si caratterizza in primo luogo per la prossimità amante nei confronti delle creature. La vita della creazione – la biodiversità che la abita, la splendida rete di relazioni di cui è intessuta – si radica dunque nelle inaccessibili profondità del mistero trinitario, della cui ricchezza è testimonianza e frutto …

La riflessione sulla collocazione dell’umano nel mondo creato è una delle dimensioni qualificanti del pensiero ecoteologico; talvolta vi troviamo forme sbrigativamente liquidatorie, ma più spesso la meditazione è attenta e articolata. In tale prospettiva l’accentuazione dell’uomo in quanto dominatoredel cosmo è stata progressivamente affiancata da altre immagini, che hanno controbilanciato le possibili connotazioni violente ed ecologicamente problematiche della prima. L’uomo è stato così visto come l’amministratore del creato, chiamato a coltivarlo e a prendersene cura (secondo l’indicazione di Genesi 2,15); è stato visto – soprattutto dalla tradizione ortodossa – come il sacerdote del creato che ne offre a Dio i beni, affinché essi vengano inseriti nella dinamica salvifica; è stato visto come il partner delle altre creature, chiamato a ricostituire con esse una fraternità perduta (una prospettiva che si alimenta all’esperienza di numerosi santi).

Si è potuto così parlare della chiamata dell’uomo a un dominio mite, a immagine di quello del Signore provvidente; di un umanesimo ecologico e non esclusivo; di un antropocentrismobiblico che rivela però caratteristiche profondamente differenti da quello assolutodella modernità. Se, infatti, è impossibile non cogliere una singolarità dell’essere umano all’interno dello spazio disegnato dalle Scritture ebraico-cristiane (ma anche semplicemente esaminando il ruolo ecologicamente anomalo della nostra specie), tuttavia questa singolarità andrà declinata in termini di relazionalità e di responsabilità. Potremmo insomma parlare di un’umana centralità che è decentrata, sia perché radicata in una Parola che precede e interpella, sia perché capace di volgersi con sguardo affettuoso e partecipe anche alle altre creature (gli uomini e le donne, così come gli altri viventi).

Tratto da Architettura, liturgia e cosmo