Un amore troppo giusto
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20 agosto 2024
Gv 14,15-21
In quel tempo Gesù disse:" 15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».
“Chi ama me sarà amato dal Padre mio”. E che ne è di tutti gli altri? Ed è mai possibile che chi ha detto: “Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?” (Mt 5,46) ora ponga condizioni all’amore di Dio? Non è dunque vero che “noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19)?
“L’amore che egli ha per noi prepara e ricompensa il nostro” – ci risponde oggi san Bernardo – “È fin troppo benevolo nel prevenirci, è fin troppo giusto nel farsi ripagare, è fin troppo dolce nel farsi attendere”.
Se c’è un amore di Dio che si offre come risposta al nostro amore non è dunque per porci condizioni, ma per offrirsi come attesa al nostro amore, per darci un ulteriore motivo per amare. Così, il nostro povero amore si trova insieme spinto e tirato dall’amore di Dio. Quel che interessa al nostro Dio in fin dei conti è solo questo, che impariamo ad amare, perché solo amando viviamo.
“La prima volta che ha operato ha dato a me me stesso, ma la seconda volta mi ha dato sé, e dandomi sé mi ha restituito a me stesso” – sintetizza l’abate di Clairvaux. Questo è il disegno del Dio fin troppo giusto: non il dare per ricevere, ma il restituirci a noi stessi annegandoci nell’amore, come fagioli secchi in acqua abbondante, finché non si rianimino; il restituirci a noi stessi sottomettendoci all’unica legge che persino lui si è imposto, fino a diventare connaturali con lui. Per questo Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”. Voi mi vedrete perché vivrete della mia stessa vita, amerete del mio stesso amore, sarete “in me e io in voi”.
Ma c’è anche un altro aspetto per cui Dio è fin troppo giusto per i nostri gusti. Ciò che chiede infatti non è quello scambio di favori a due a cui spesso si riducono i nostri doni. L’amore di Dio è sempre aperto, inclusivo, coinvolge all’infinito una terza persona.Il vero atto di amore per Dio è di amare chi lui ama, perché “chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20). È questo amore aperto che Gesù fa proprio quando non dice: “Chi mi ama, anch’io lo amerò”, ma: “Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò”. Nessuna chiusa bidirezionalità, ma un amore dagli infiniti rimbalzi. È questo amore aperto che Gesù esige da noi quando dice: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”, cioè farete vostra la legge nuova dell’amore fraterno.
Appropriamoci allora di questa preghiera di Bernardo: “O Signore mio Dio, ‘perché non annulli il mio peccato, perché non elimini la mia iniquità’, sì che, scaricatomi del grave peso della mia volontà, io possa respirare sotto il lieve peso della carità, e non sia incatenato dal timore dello schiavo e non sia allettato dalla brama del mercenario, ma sia sospinto dal tuo Spirito, che è spirito di libertà, dal quale sono sospinti i tuoi figli, e riceva da esso testimonianza per il mio spirito, che sono anch’io uno dei figli, dato che ho la medesima legge che hai tu e anch’io esisto su questa terra per la norma di cui tu vivi lassù?”
fratel Gianmarco