Immersi nell’Oceano di una relazione personale
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2 aprile 2024
Mt 28,16-20
In quel tempo 16gli undici discepoli, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
Questo brano è l’epilogo non solo delle apparizioni del Risorto in Galilea ma dell’intero racconto evangelico di Matteo, ne è la sintesi dottrinale, la postfazione. L’incontro degli Undici discepoli con il loro Maestro di sapienza (cf. Mt 23,8) avviene in Galilea “sul monte che Gesù aveva loro indicato”, annotazioni geografiche che meritano una sottolineatura. Il Risorto inizia la nuova avventura con i suoi da dove aveva cominciato, la Galilea, il suo cammino storico traccia quello dei suoi discepoli di ogni luogo e tempo, bene inteso in termini personali e comunitari diversificati ma uno nella sostanza. E a partire da un monte, il luogo delle grandi rivelazioni.
Pensiamo al “monte altissimo” della tentazione (Mt 4,8), al monte del grande codice di vita, il discorso della montagna (Mt 5,1), al monte della trasfigurazione (Mt 17,1), al monte degli Ulivi da cui muove l’ingresso in Gerusalemme (Mt 21,1), al Golgota il monte della croce (Mt 27,33). Monti che il monte galileiano dell’apparizione del Risorto riassume ricapitolandone annunci e eventi.
Il viaggio con Gesù, anche quando in pianura, è sempre ad altezza, mette le ali per volare alto. E alto è il volo espresso dal gesto della prostrazione: “Quando lo videro, si prostrarono”, atto di adorazione nei confronti del Gesù risorto-trasfigurato riconosciuto e accolto come il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt 16,16; 27,54), il Signore - una confessione di fede non esente dal dubbio, un credere imperfetto teso verso una pienezza sempre maggiore.
I Dodici con i loro tradimenti, rinnegamenti, fughe e paure riflettono una situazione di fede nel dubbio che accompagna il corpo ecclesiale lungo i secoli. Un Signore comunque adorato, di cui vengono riferite le ultime parole, a cominciare da una dichiarazione di autorità: “Gesù si avvicinò e parlò loro dicendo: ‘A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra’”.
L’epilogo riassume un aspetto di Gesù di cui il Vangelo è testimone e che nota puntualmente, dinanzi a un parlare, a un agire e a un giudicare intrisi di “autorità”, da spingere i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo a porgli la domanda: “Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?” (Mt 21,23). Gesù opera con la stessa autorità del Padre, con quella a lui data dal Padre. Di questo gli Undici e i discepoli di ogni generazione devono essere consapevoli, il Padre e lui, direbbe Giovanni, sono una sola cosa, l’autorità di Dio si dice nell’autorità di Gesù, il Figlio.
Potere-autorità - ed è questa la seconda parola di Gesù nell’epilogo - di inviare, in missione: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Colui che ha inviato i Dodici alle dodici tribù di Israele (cf. Mt 10,1-16) è il Risorto che ora li invia al mondo intero.
La ragione? La prima è detta dal termine battesimo, che significa immersione, a voler dire: immergete ogni creatura nell’oceano della relazione personale e comunitaria con il Dio il cui nome è Padre che fa scendere il suo sole e la sua pioggia sui cattivi e sui buoni, sui giusti e sugli ingiusti, divenendone figli imitatori. In questo sta la perfezione (cf. Mt 5,45.48). Nell’oceano deIla relazione con il Dio il cui nome è Figlio, chiamati a divenirne l’icona nel tempo e nello spazio, e in lui del Padre. Relazione infine con Il Dio il cui nome è Spirito Santo, luce e energia che apre il cuore e le labbra a dire Padre, Figlio, figli e figlie, fratelli e sorelle, custodi del creato e vita eterna. Il vocabolario di una vita redenta: figli-figlie amati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito, esortati ad amare come il Padre ci ama nel Figlio, un impossibile all’uomo che la forza dello Spirito rende possibile, amati per sempre.
Questo dice “battesimo”, questo è mettere in pratica la seconda parola della evangelizzazione, osservare tutto ciò che Gesù ha insegnato e comandato e che gli Undici hanno trasmesso. Questo è costruire la casa sulla roccia: ascoltare la sua parola e metterla in pratica (Mt 7,24). Nella salda fiducia, terza parola dell’epilogo, del suo essere presente in noi e tra di noi quale compagno di viaggio che ha cura di noi nel tempo favorevole o meno: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine”.
fratel Giancarlo