Imparare dal nulla


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Davide Benati, Grande soirée, 2014, cm 150x200
Davide Benati, Grande soirée, 2014, cm 150x200

5 aprile 2024

Gv 21,1-14

1 In quel tempo Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
4Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.


Il ritmo di questa manifestazione-lezione di Tiberiade notte-alba, mare-terra, vuoto-pieno, è un ritmo binario costituito da due tempi, due luoghi, due percezioni visive-olfattive-gustative-tattili del reale. Questi binomi sono la vita stessa di ciascuno di noi, di ogni terrestre, se sa leggere sé stesso, dentro sé stesso… l’“essere nudi” (cf. Gen 3,7; Mc 14,52)! Pietro non tollera ancora “l’essere nudi” e “si strinse la veste” (v. 7): Pietro si maschera ancora, nonostante la lezione delle lacrime (cf. Mc 14,72).

Perché non c’è frutto in “quella notte” nonostante un reale lavoro comunitario… “veniamo anche noi con te…” (v. 3)? “Uscirono e salirono sulla barca … presero nulla” (v. 3).

Non siamo tutti chiamati sempre a rinnovare ascolto-conoscenza-cura e quindi il come facciamo il nostro lavoro? A rin-novare oggi il nostro rimosso agire eco-cida che porta inesorabilmente al…“nulla” sia in mare che in terra?

“Notte”, “mare”, “vuoto” sono simboli carichi di paura, di angoscia, di fallimento. Eppure come ricorda Paolo ai cristiani di Filippi l’apousÍa, la notte, il mare, il nulla, la crisi, il trauma restano da vivere “contimore e rispetto e ciascuno è chiamato a curare la propria salvezza” (cf. Fil 2,12).

Il nuovo accade all’alba: “Gesù stette sulla riva” (cf. v. 4). Il nuovo anzitutto è, se nuovo, nella luce tenue, che cresce lenta dell’alba. Il nuovo, se nuovo, è necessariamente uno straniero, che infrange l’automaton, il so tutto, l’ho tutto e il sono tutto! Nessuno dei sette infatti riconosce Gesù. Il nuovo è nello straniero, nello sconosciuto, nel mendicante “il pane e il pesce”, nello scarto, “il piccolo pesce”. Lo straniero inizia con lentezza a farsi riconoscere come ogni alba ci insegna. “Figlioli avete qualcosa da mangiare?” (cf. v. 5). Ecco che lo straniero, il mendicante, il terrestre affamato o assetato, sono “le braci” del reale, il reale che, se reale, sempre ci ustiona! Lo straniero ci insegna l’arte del domandare: lui chiede a noi cibo e bevanda (cf. Gv 4,7; 19,18; Mt 25,42).

“Quel discepolo che Gesù amava” prima e “Pietro” dopo (cf. v. 7), all’evidenza del segno della “grande quantità di pesci nella rete” sono i primi dei sette a risvegliarsi dalla crisi, dal trauma della notte e del mare apparentemente vuoto. Eppure il segno del pieno accade proprio e grazie all’esperienza reale ustionante del vuoto, della crisi, sullo stesso mare, nella stessa barca. Perché accade? Perché i sette hanno cambiato ascolto-conoscenza-cura nel loro lavoro e fanno tesoro della mancanza! Ascoltano lo Straniero-Signore e “gettano la stessa rete a destra della stessa barca” (cf. v. 6). Il mare, ogni nostro lavoro, nonostante la sua ambivalenza nulla-pieno, è e resta il luogo della vita, il luogo della libertà, della vita che nasce dall’ascolto del nuovo, dall’arte della traduzione “dell’alba”, dello “stare sulla riva”, del “piccolo pesce”, del “companatico”, delle “braci”… delle parole dello Straniero-Signore e della traduzione delle sue azioni, del suo invito a pranzare, l’arte dell’ospitare-donare, “del pane e del pesce presi e dati a loro” (cf. v. 13).

fratel Giuseppe