Io e voi
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13 maggio 2024
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 15,12-25 (Lezionario di Bose)
In quel tempo Gesù disse: «12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. 18Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. 19Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. 20Ricordatevi della parola che io vi ho detto: «Un servo non è più grande del suo padrone». Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. 21Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. 22Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. 23Chi odia me, odia anche il Padre mio. 24Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. 25Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.
Siamo immersi nel flusso di un lungo discorso che l’evangelista Giovanni colloca all’interno del racconto della passione. È un discorso senza repliche, in cui è solo Gesù a parlare, circondato dal silenzio. I discepoli, un’intera comunità sembra aver bisogno di questo tempo di silenzio per poter appropriarsi di ciò che Gesù sta dicendo. Concediamoci anche noi, ritagliamolo nelle nostre giornate, il silenzio dell’ascolto della Parola che dà vita.
Gesù fa questo discorso rendendo, inequivocabilmente, il rapporto con i suoi discepoli orizzontale, supera le dinamiche relazionali conosciute: maestro-discepoli, padrone-servi. L’io di Gesù, che è Figlio all’interno della relazione con il Padre: “Tutto ciò che ho udito dal Padre mio” (v. 15), rivela unanuova identità al voi: “Non più servi ma amici” (cf. v. 15).
Phíleo, è l’amore dell’amicizia, l’amore di chi si prende cura, l’amore tra chi si conosce e si ama. Gesù rivela ai suoi discepoli, a chi gli sta attorno, che essi sono destinatari di tale qualità di amore. Anche a noi fa un dono che ci precede, un dono che spesso dimentichiamo: l’elezione che ci unisce a Gesù come amici – e ci separa dal mondo in cui si genera odio (cf. v. 18) –, il chiamarci amici in modo del tutto gratuito, prima di ogni nostra risposta, è iniziativa di Gesù: “Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi come amici” (cf. v. 9).
Potrebbe sorprendere che proprio in questa relazione orizzontale si parli di un amore comandato (cf. v. 12). Ma qui Gesù non sta dando un ordine, come un padrone nei confronti del servo; egli ci trascina invece all’interno di uno scambio di cui noi non siamo i primi donatori ma i primi riceventi. Il cuore della parola di Gesù infatti è nel “… come io ho amato voi” (v. 12).
Amici, destinatari dell’amore, Gesù ci rivela ciò che siamo, ci dona un’identità: quella di amati resi capaci di amare. E a questa identità del “voi” offre a modello l’identità dell’“io”, il Figlio. “Come io ho amato”: Gesù è modello, è causa e forza dell’amore che possiamo vivere nelle nostre relazioni. Guardando e vivendo questo amore possiamo rimanere nell’amore, rimanere all’interno di relazioni di cura, di attenzione, relazioni vitali. Questa è la novità del vangelo, la buona novità che è il vangelo: attraverso i discepoli amati nel Figlio, l’amore rivelato è presente qui e ora per l’umanità.
Ma tutte queste potrebbero rimanere solo vuote parole. Come parlare oggi di amicizia, quando tale relazione definisce rapporti che hanno la durata e il peso di un clic su un tasto, quando l’amore è contraddetto, sfigurato da gesti di violenza inaudita proprio dove l’amore era stato promesso?
Ma Gesù non si limita a parole, egli dona corpo, spessore, peso alla parola che sta pronunciando: “Deporre la vita per i propri amici” (v. 13). Di fronte a veloci parole, vuote di significato, che oggi possono riempire le nostre vite, Gesù dona una Parola che ha la misura e la forma di una vita vissuta in pienezza, e consegnata a noi perché la contemplazione quotidiana dell’assoluto amore di Gesù per tutti gli esseri umani ci renda capaci di amare a nostra volta, fedeli a questa relazione originaria di cui siamo stati fatti destinatari. “Io ho scelto voi … perché portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (v. 16). Cosa vogliamo far rimanere delle parole che pronunciamo, dei gesti che compiamo?
Gesù oggi ci guarda, ci chiama amici e ci rivela che quel frutto di amore noi lo possiamo e lo sappiamo già portare, vivere, se continuiamo ad attingere il nostro “voi”, la nostra identità profonda di figli e figlie amati, dal suo io, la sua identità di Figlio amato.
sorella Elisa