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Passione civile e il dono della letizia ne "Il soffio del mite"


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Ma chi è “il mite” di Spinelli? Di certo è una figura che vive ispirata dalla ruah divina, quella «[...] strana corrente che spira dove vuole, e tu ne senti la voce ma non sai di dove venga né dove vada; e ha la forza di farti rinascere di nuovo, anche davecchio,nonpiù dalla carne ma dall'alto, dove soffia lo spirito ventoso (cf. Gv 3,7-8)». Il mite è l'azzurro ragazzo Elis dagli occhi rotondi cantato dal poeta George Trakl, è l'idiota principe Myskin di Dostoevskij, che con la bellezza salverà il mondo, è Giona che rifugge il comando divino, è colui che «[...] si nota per come incede, per il tono della voce, per come traversa l'oscuro, forte di una luce che non si sa bene da dove venga.

Il mite non è nei cieli ma quaggiù, tra noi: è uno di noi». Sembra che Spinelli abbia avvertito l'esigenza di esemplare questo ritratto del mite per fare i conti con «i tempi di collera, di intranquillità» che viviamo, per dare alle parole il loro giusto peso, per confrontarsi dialetticamente con chi per primo ha affrontato l'argomento, il maestro Norberto Bobbio e il suo memorabile “Elogio della mitezza”, infine per rileggere più a fondo la figura del mite per eccellenza, Gesù, e consegnarcela in un atto di cortesia riflessiva che stupisce per acume dialettico, ricchezza delle fonti citate,ma soprattutto per la docile fermezza della trattazione, quasi che la preziosità del contenuto abbia irradiato d'ardore l'uniformarsi dei concetti sulla pagina. Impossibile riportare tutte le sfumature tematiche che l'autrice lega a questa figura umile e melanconica, ma è importante soffermarsi su due aspetti: la letizia e la natura prepolitica del mite, qualità sulle quali ognuno di noi - nel tempo che vede lo squallido dilagare di passioni tristi -, dovrebbe investire.

FEDERICA D'AMATO

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BARBARA SPINELLI
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Qiqajon, 2012 

 

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