Del buon uso della cella

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5 dicembre

La cella può aiutarci a fare amicizia con il nostro corpo insegnandoci ad ascoltarlo e a pacificarlo. Ci può insegnare un rapporto contemplativo, non consumistico con il tempo. Con il silenzio interiore verso cui ci indirizza, la cella ci può istruire sull’arte del parlare con sapienza, con riflessione, con ponderatezza, con rispetto.

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Dall’infamia alla gloria

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Il passaggio dall’infamia alla gloria diviene una vera e propria dinamica della vita spirituale cristiana che i credenti sono chiamati ad assumere: fare anche degli eventi di contraddizione, di ingiustizia, di infamia e di vergogna, dei luoghi gloriosi. Da luoghi in cui si esprime la malvagità umana a luoghi in cui si manifesta la presenza di Dio.

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Assiduità con la Parola

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Lo “spirito di preghiera robusto” (RBo 37) di cui parla la nostra Regola nasce anzitutto dall’assiduo ascolto della Parola di Dio che può corroborare una vita che, se affidata semplicemente alle nostre forze, non può che venir meno. Ora, solo se la centralità della Parola di Dio contenuta nelle Scritture, e massimamente nel Vangelo, viene concretamente vissuta tanto nella lectio divina personale come comunitaria, nell’ufficio come in ogni liturgia, la nostra vocazione monastica ha basi salde.

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