Il pensiero del progettista non si manifesta tanto attraverso concetti, parole, sillogismi, quanto attraverso segni grafici (linee, punti, curve) grazie ai quali le idee possono raggiungere una prima sintesi formale.
Una integrazione della ricerca metodologica può essere la raccolta di dati che – in una logica partecipativa – acquisiscono un ruolo preponderante nella progettazione architettonica. Questo nuovo paradigma, che si sta pian piano diffondendo nelle nuove generazioni di progettisti, fornisce anche un efficace trait d'union tra architettura e liturgia intesa nel suo senso etimologico di “opera del popolo”.
Dalla prospettiva di un architetto o di un artista, il pensare non può essere disgiunto dal gesto della mano che traccia un segno su una superficie. Questo è emerso durante il laboratorio, questa è la prassi propria di un “mestiere” che, prima ancora del progetto, ha a che fare col medium espressivo che funge da supporto al progetto. Un medium che, nonostante l’informatizzazione, resta nella maggior parte dei casi costituito da un foglio di carta ed una penna.
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Una presentazione schematica del processo di lavoro del laboratorio sul tema del celebrare integrato alle immagini delle relazioni del convegno.
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Lo studio delle architetture delle chiese e dei complessi parrocchiali si avvale, solitamente, di documentazione fotografica e grafica prodotta dai progettisti o dai committenti per presentare immagini “pulite” dell’opera, colta al momento della sua consegna alla comunità, considerata quindi – in una prospettiva di “autorialità” – nel momento migliore, ossia il più vicino al volere dei progettisti e dei committenti stessi.
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