La Chiesa e i problemi dell'Ecologia
XX Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
L'UOMO CUSTODE DEL CREATO
Bose, 5-8 settembre 2012
in collaborazione con le Chiese Ortodosse
RELAZIONI DI AMVROSIJ, VESCOVO DI GATČINA
LA CHIESA E I PROBLEMI DELL'ECOLOGIA
Rettore dell’Accademia teologica di San Pietroburgo
Negli ultimi due decenni il mondo ha visto una profonda crisi ecologica, le cui testimonianze più evidenti sono il cambiamento climatico, la perdita di diversità biologica e l’inquinamento delle risorse naturali, cui va aggiunto il crescente divario tra ricchi e poveri, insieme alla mancanza a livello mondiale di una politica ponderata per la tutela dell’ambiente. Oggi il 20% della popolazione mondiale vive con meno di 1 dollaro al giorno, e 1/7 della popolazione soffre per una cronica mancanza di cibo. La globalizzazione e lo sviluppo delle tecnologie non hanno portato verso un mondo più giusto e umano. Il rapporto tra il reddito dei 20% dei ricchi e dei 20% dei poveri nel 1960 era di 3 a 1. Nel 1994 questo rapporto era di 78 a 1. Vi sono 385 ricchi miliardari con patrimoni personali maggiori del Pil degli stati che rappresentano il 45% della popolazione più povera del mondo. Questa forte divaricazione è destinata ad aumentare nel xxi secolo. L’umanità ha già iniziato una dura lotta per le risorse energetiche, a prezzo di catastrofi tecnogene. Il disastro di Cernobyl, Fukushima, il petrolio nel golfo del Messico non ne sono che alcuni esempi.
L’ecologia è la scienza delle interazioni che gli organismi hanno tra di loro e con l’ambiente circostante. Nello stesso biotopo, ogni singolo essere vivente costituisce una parte della comunità biologica. Ecologia viene dal greco ο?κος, casa e λόγος, il sapere. L’ecologia - termine usato per la prima volta da Ernst Haeckel nel 1866 - studia la nostra “casa”, la terra e il modo in cui l’interazione con l’ambiente influisce sulla sopravvivenza e lo sviluppo degli organismi viventi. È una scienza recente, il suo fondatore si ritiene sia Eugene Warming (1841-1924).
Quale contributo può dare la teologia ortodossa alla comprensione dei problemi posti dalla crisi ecologica globale? Certamente le questioni che riguardano direttamente la natura devono essere analizzate con i criteri delle attuali conoscenze scientifiche. Tuttavia occorre anche dire che le questioni ecologiche toccano le motivazioni dell’agire umano e giudizi di valore, che aprono alla riflessione teologica. Lo sguardo teologico sui problemi dell’ecologia deve orientarsi in una teologia della creazione che approfondisca quello che Isacco il Siro chiamò “gloria di Dio, celata ai viventi”.
Purtroppo nel mondo di oggi vi sono diversi pregiudizi e stereotipi riguardo al tema “Cristianesimo ed ecologia”. Spesso si sente dire che l’idea cristiana di un Dio trascendente riduca il valore del mondo circostante, oppure che, ritenendo l’uomo creato a immagine di Dio, lo consideri un padrone che possa dominare la natura a proprio arbitrio.
C’è un granello di verità in queste accuse? O sono soltanto l’ennesimo tentativo della tendenza a imputare al cristianesimo tutto quello che non è più di moda? Certamente nella storia della civiltà occidentale si trovano molti esempi che possono dare argomenti a tali accuse, specialmente nell’età moderna. La scienza moderna ha tolto il velo di mistero dalla creazione e al senso di devoto tremore dinanzi al creato è subentrata la consapevolezza del potere dell’uomo sulla natura. L’uomo sviluppa le sue capacità mentali a scapito dell’ambiente. Dalla filosofia moderna europea viene un atteggiamento verso il mondo che si esprime come totale dominio dell’uomo sulla creazione. Nel “Discorso sul metodo” Cartesio scrive: “… invece della filosofia contemplativa, insegnata nelle scuole, possiamo crearne una pratica, con la quale, conoscendo l’azione del fuoco, acqua, aria, stelle e di tutti i corpi che ci circondano, allo stesso modo come conosciamo i vari mestieri dei nostri artigiani, noi potremmo, come loro, impiegare anche quelle forze in tutte le loro applicazioni e così diventare quasi padroni e signori della natura”. Bacone scrisse anche più crudamente: “Io sono giunto alla verità, portando a voi la natura con tutti i suoi figli, affinché voi possiate sottometterla al vostro servizio e usarla come una schiava”. Dal tempo di Bacone parole come “signoria”, “comando”, “conquista” e “potere” sono diventati termini atti a descrivere il rapporto dell’uomo con la natura.
Oggi è evidentissimo che la soluzione del problema ecologico non stia nel campo della tecnologia, ma in quello dell’etica. Ma l’etica deriva da una base ontologica, e se questa base è materialista, il problema diventa insolubile. Edmund Husserl nella Crisi delle scienze europee scriveva che la scienza è divenuta estranea al suo radicamento nel mondo della “esperienza viva”, e per conseguenza è diventata un sapere astratto, concettualmente depurato, e non un incontro con il mondo reale. La critica di Husserl era rivolta contro l’affermazione positivista che il sapere scientifico è autosufficiente, direttamente attingibile dai sensi e non richiede l’elaborazione filosofica o metafisica. Nonostante i progressi della scienza e della tecnica, Husserl afferma che la separazione della scienza dalla filosofia è qualcosa di tragico. Il sogno dell’Illuminismo era la creazione di una “scienza universale”, al servizio della vita sociale e culturale, il dispiegarsi della ragione doveva permettere all’uomo di capire se stesso e il mondo in cui vive. Tuttavia la matematizzazione della natura ha portato a una visione meccanicistica del cosmo, alla tecnicizzazione del rapporto col mondo e all’impoverimento dell’esperienza dell’uomo.
Una delle idee basilari dell’ortodossia è che Dio Creatore, amando l’uomo, creò l’universo come “cosa molto buona” (Gen 1,31) e l’uomo a Sua immagine e somiglianza. Perciò, nella tradizione cristiana non vi è alcuna contrapposizione tra materia e spirito, corpo e anima, tra mondo presente e realtà metafisica. Vi è un profondo legame tra il Creatore e la creazione, un legame che implica di servire al primo e di rispettare la seconda. Il “dominio” dell’uomo sulla natura, di cui parla la Bibbia, non ha carattere assoluto, non significa arbitraria tirannia. Il nostro “possesso” non è irresponsabile, fine a se stesso ed egocentrico ma liturgico: è dato per un compito concreto. Dio ha immesso nella creazione una struttura interiore, che è responsabilità dell’uomo rispettare e custodire. Nel racconto della creazione Dio dà agli uomini “erbe che producono seme” (Gen 1,12). L’immagine del seme allude al fatto che l’uomo, coltivando la natura, non deve distruggerla, ma lasciare il seme per il futuro. La natura assicurerà i bisogni dell’uomo se egli saprà limitare le proprie esigenze nell’impiegarne le risorse. In questo senso “possesso” e “dominio” significano un servizio responsabile.
Ecco perché è importante iniziare a parlare di ecologia muovendo dalla visione teologica del rapporto tra l’uomo e la natura. Che cos’è la natura, la φυσις greca? Per gli antichi greci era una forza cieca e impersonale, indifferente all’umanità, una necessità alla quale dobbiamo sottostare, indifferente ai fini e alle volontà dell’uomo, la cieca necessità – αναγκη – che tende a opprimere l’uomo. Quando parliamo del concetto di “ambiente in cui viviamo”, possiamo provare tale esperienza, magari durante un terremoto o un tornado. Invece per la teologia ortodossa vale un’altra concezione, quella di creazione, in greco κτισις. Il filosofo ortodosso americano e teologo Bruce Foltz scrive: “La parola ktisis suppone la presenza di un ordine interno, stabilito da Dio, attingibile e commisurabile con l’esistenza umana. La creazione non è cieca necessità, essa dà un senso a tutto ciò che si riflette nell’esistenza umana. L’idea di creazione è profondamente consona all’uomo, alle sue necessità, speranze e sogni, non è l’idea greca di natura che opprime l’uomo, ma di una casa ben costruita da un Creatore misericordioso”. La creazione è la nostra casa, noi siamo creati in armonia con essa, come ogni essere vivente oggetto del pensiero divino: “Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa, e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente” (Sal 145, 15-16).
Secondo la teologia ortodossa il mondo è un’eredità lasciataci da Dio, e noi stessi siamo i destinatari di questo dono, che non è solo il creato, ma ben di più, considerando che Dio dona Se stesso in questo dono. È il fatto stesso dell’esistenza che è mirabile, la creazione sorge dalle profondità del possibile, dal nulla. Basilio il Grande e Gregorio Nisseno sottolinearono questa differenza di principio tra la cosmologia biblica e la concezione pagana della natura. È l’esperienza testimoniata dai santi asceti della nostra Chiesa: Serafino di Sarov, Porfirio dell’Athos e altri. “Tutte le realtà intorno a noi sono gocce di amore divino: quelle viventi e quelle morte, alberi e animali, uccelli e montagne, i mari, il sorgere del sole e il cielo stellato. Esse rappresentano un amore piccolo, attraverso il quale attingiamo l’amore grande, che è Cristo” (B. Foltz).
L’umanità è parte primaria nella creazione, e la sua caduta può comportare la caduta di tutto l’ordine creato. D’altra parte, la nostra tensione a unirci con il Cristo risorto è pegno della futura trasfigurazione di tutta la creazione, quando “Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15,28). L’approccio teologico così formulato ci consente di evitare un estremo, presente oggi nel dibattito ecologico: il disprezzo dell’uomo, secondo cui l’umanità è solo una componente dell’armonia cosmica, un semplice prodotto delle forze cieche della natura, che conseguentemente in essa deve dissolversi. L’antropocentrismo teologico colloca centralità dell’uomo nell’opera di conservare e benedire, non nello sfruttamento e devastazione del creato. “Noi siamo responsabili del mondo”, scriveva Vladimir Losskij: “Siamo la parola, il logos in cui esso si esprime, e solo da noi dipende se esso esprime bestemmia o preghiera. Solo per nostro tramite il cosmo, come continuazione del nostro corpo, può accogliere la grazia”. Per tramite nostro, uniti con Cristo, in cui la divisione è già superata, questa Terra può essere guarita.
La coscienza odierna di una sacralità della natura può essere così espressa non da una percezione pagana del mondo, ma da quella contemplazione della natura – théoria physikè, su cui insisteva Olivier Clément – che è propria della teologia bizantina. Questo profondo rapporto sacramentale verso il mondo materiale ci conduce ad attuare il profondo legame mistico con Dio e il mondo nella Liturgia della Chiesa, in cui si rinnova l’unità tra il Cielo e la terra.
Nell’attuale contesto ecologico questa percezione del mistero della creazione si è quasi perduto. Facendo distinzione tra l’essenza misteriosa di Dio e le “energie” divine che tutto compenetrano, dobbiamo evidenziare sia la trascendenza, sia l’immanenza di Dio: affermare il profondo mistero trascendente dell’essenza divina, e al tempo stesso parlare delle energie divine, che penetrano e vivificano la creazione, la cui bellezza deve essere attinta come rivelazione dell’eterna Parola Divina mediante la quale essa fu operata.
Noi tendiamo a parlare di una crisi “ecologica”, ma questa non è tanto una crisi ecologica, quanto una crisi della nostra percezione della realtà, della nostra visione del mondo. Il superamento della crisi ecologica necessariamente deve presupporre il superamento di quella visione egoistica, sul rapporto uomo-natura, da cui è stata generata questa crisi. La guarigione della Terra è impossibile senza la guarigione dell’anima umana, è impossibile ristabilire l’ordine buono della creazione senza ristabilire l’ordine nel nostro cuore.
Dobbiamo porre a noi stessi il problema del nostro atteggiamento personale e spirituale verso tali questioni. Oggi l’uomo parla di libertà e di consumo, non parla mai di moderazione e ascetismo. L’ascetismo ci libera dalla “esistenza legata alle cose” (M. Heidegger), dal nostro egoismo. Siamo chiamati a operare in armonia con la creazione, e non a una crudele dominazione su di essa. L’ascesi cristiana non presuppone la fuga dal mondo o dalla società, ma una disposizione della mente e del cuore, orientata al rispetto e amore per ciò che ci circonda. Il consumo smisurato deriva dal nostro estraniamento da noi stessi, dalla terra, dalla vita e da Dio. L’ascetismo ci permette di attuare un sincero pentimento e quindi iniziare a rivolgerci al mondo come dono, come creazione.
Per assicurare al nostro futuro una vita secondo natura è necessaria una autolimitazione ascetica, e che la moltitudine di beni materiali venga ridotta solo a quelli utili. Quest’autolimitazione, però, deve essere volontaria e consapevole, e non una limitazione calata dall’esterno e priva di dimensione etica.
L’ecologia contemporanea, come questione scientifica e come movimento per la salvezza dell’ecosistema rappresenta un’espressione molto caratteristica dell’interesse dell’uomo, concentrato su obiettivi pragmatici. La logica di difesa dell’ambiente naturale è vista come una questione puramente utilitaria. Se noi non difenderemo l’ambiente in cui viviamo, la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta diventerà problematica. Ma, come ogni altra etica, questo modello suscita una domanda. A chi spetta determinare le regole del comportamento umano, e su quale fondamento? Una logica razionale, abbiamo già notato, è alla base della stessa crisi ecologica, perciò non può pretendere di essere un criterio oggettivo e universale.
Dal punto di vista della Chiesa Ortodossa la protezione dell’ambiente come creazione di Dio è una suprema responsabilità dell’uomo, indipendentemente da qualunque vantaggio materiale o finanziario che questa protezione potrebbe portare. Dobbiamo accentuare l’attenzione su una determinata gerarchia di valori, sulla base della quale sia possibile formulare anche le regole del comportamento pratico. Questo può attuarsi solo se noi riconosciamo la presenza di un determinato significato della vita e dell’universo. La questione dell’ambiente non può essere solo una questione politica o tecnologica. Essa è anzitutto una questione religiosa e spirituale. Solo in questo contesto possiamo parlare di una “etica ecologica”, che deriva non da codici di comportamento razionalistici, ma dalla necessità dell’uomo di amare e di essere amato nella relazione personale. Il logos della creazione è un invito, rivolto da Dio all’umanità, un invito a una relazione personale con Lui. Affinché l’umanità raggiunga una tale coscienza, è necessario che la consapevolezza teorica divenga conoscenza esperta e un atteggiamento di tutta la società. Oggi questo orientamento religioso sulla tutela del creato deve estendersi a ogni aspetto della vita economica e sociale.
Nella cornice di attività della Commissione interconciliare è stato preparato un progetto di documento “Fondamenti della concezione ecologica della Chiesa Ortodossa Russa”. Nel documento si sottolinea la necessità di una posizione attiva di sacerdoti e laici, finalizzata alla protezione della natura e dell’ambiente.
Nella preghiera noi chiediamo perdono per le nostre colpe, volontarie e involontarie. Noi dobbiamo chiedere perdono a Dio anche per le sofferenze inferte alla Sua creazione. Cominceremo così quel processo di guarigione dell’ambiente in cui viviamo, che è stato benedetto da Dio. Cominceremo così a capire più profondamente la nostra responsabilità per questo dono di Dio.
+ AMVROSIJ, Vescovo di Gatčina