Bose riflette su «lotta spirituale» ed eredità orientale
In 200 fino a domenica per il 17° incontro ecumenico assieme ai rappresentanti di tutti i patriarcati ortodossi.
ll podvig ascetico, in russo la fatica umana contro le passioni carnali per giungere al dominio di sé, è un concetto in netto contrasto con la cultura materialistica dell’Occidente. Ma è nella lotta spirituale, caposaldo della tradizione cristiana, che da due millenni si trovano le radici della fede. Da lì occorre ripartire per colmare il deserto spirituale.
La riflessione sul contrasto al vuoto del nostro tempo coinvolge i rappresentanti di tutti i patriarcati ortodossi, riuniti fino a domenica nel monastero di Bose, sui colli tra Biella e Ivrea, per partecipare al diciassettesimo incontro ecumenico organizzato dalla comunità monastica fondata da Enzo Bianchi. Partecipano 200 persone tra autorità ecclesiastiche come Filaret di Minsk, esarca patriarcale di Bielorussia, il cardinale Roger Etchegaray, il nunzio apostolico a Mosca Antonio Mennini, il vescovo di Biella Gabriele Mana e quello di Ivrea Arrigo Miglio, che ha portato i saluti della Cei, l’archimandrita d’Italia e Malta Athenagoras Fasiolo, oltre a numerosi esponenti del monachesimo ortodosso e cattolico maschile e femminile.
Nella giornata di ieri si è registrata una convergenza tra la prolusione di Enzo Bianchi, che ha cercato gli elementi biblici della lotta spirituale, e l’introduzione teologica di Filaret. Per il priore di Bose la fatica spirituale è lotta interiore al peccato, la cui radice è la paura di morire. «Mosso dal timore della morte, l’uomo vuole preservare la propria vita, possedere i beni sulla terra, dominare gli altri». Bianchi ha poi tracciato una «grammatica della lotta spirituale» basata su due elementi. Il primo è il cuore, terreno di lotta e spazio segreto dove Dio parla all’uomo. Ed è lì che può iniziare la conversione. Il secondo sono le «armi», indicate nelle Lettere di san Paolo: la fede nella resurrezione, la resistenza alla seduzione, la preghiera e la vigilanza, che dona al credente lucidità spirituale. Sulla stessa lunghezza d’onda Filaret, per il quale la rinuncia ha senso se crea uno spazio interiore riservato a Dio, al quale il peccatore vuole sentirsi pari. Il teologo esalta il «digiuno razionale», produttore di frutti solo se unito al discernimento. L’ascesi cambia il rapporto dell’uomo con Dio, conclude il patriarca, indicando come modello di meditazione sul mistero divino la preghiera di Gesù nei Getsemani. Per gli staretz, i maestri della fede ortodossa, servono amore e umiltà per percorrere il lungo cammino interiore. Ma la prospettiva del podvig è immensa. Diceva Serafino, santo ortodosso: «Acquisisci uno spirito di pace e migliaia si salveranno attorno a te».