Lotta spirituale, sfida che parte dal cuore
Questione di cuore, da rimettere al centro dell’attività quotidiana attraverso un lavoro interiore. La lotta spirituale non è solo un problema di chi vive in monastero o è attratto dal rigore della vita monastica. Diventa invece una risorsa per il credente impegnato ad affrontare le sfide concrete di questo tempo, ad esempio sostenendolo nella lotta alla povertà e nella difesa del creato. E l’ascesi della tradizione ortodossa di cui si discute in questi giorni nel monastero di Bose nel diciassettesimo convegno internazionale con tutti i patriarcati della Chiesa d’Oriente diventa così evento ecumenico.
Insomma, uno dei messaggi che sta prendendo forma dall’incontro dedicato al tema «La lotta spirituale nella tradizione ortodossa» é riscoprire la centralità del messaggio cristiano e sintetizzarlo per rimettere il cuore al centro dell’attività quotidiana. Lo ribadisce nel suo intervento il trappista francese Andrè Louf, elencando le regole per una ascesi quotidiana contemporanea.
«Anche se non si pratica alcuna fatica ascetica – spiega l’anziano monaco dell’abbazia di Santa Maria du Mont des Cats ricordando l’insegnamento del padre della Chiesa Isacco il Siro – è sempre possibile raccogliersi all’interno di sé, mantenere un silenzio saggio, ringraziare in mezzo alle prove, avere una buona parola per tutti». Per il monaco il lavorio interno è oggi un antidoto all’esteriorità e un aiuto per chi cerca una virtù tornata d’attualità in tempi di crisi, la sobrietà. «Impedisce infatti – conclude – di correre verso il superfluo. Occorre mirare alla conoscenza spirituale, più che alla virtù interiore ». Sottoscrive a distanza l’arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams con un messaggio inviato al Convegno ecumenico. «È difficile per molti riconoscere che acquistare nuova umanità in Dio, è la fatica di una vita». Così «l’alternativa visibile è un’umanità sciatta ed angosciata, incapace di guardare dentro di sé alla luce dell’amore e della verità». Anche il vescovo di Biella Gabriele Mana ha esortato alla consapevolezza della fatica spirituale, senza la quale «il rischio è ridurre la fede a delle convinzioni mentre essa è soprattutto re- lazione con Dio». L’auspicio di Mana è che la lotta spirituale «aiuti le nostre comunità a correre con slancio verso Dio senza conformarsi alla mentalità mondana». Tra le diverse comunità ortodosse presenti al convegno, c’è la rappresentanza dell’arcidiocesi italiana, che dipende dal Patriarcato di Costantinopoli. Tradizionalmente basata sulle comunità greche, oggi, grazie all’immigrazione di romeni, moldavi, ucraini, egiziani ed etiopi sta vivendo una fase di grande espansione con alcune difficoltà pastorali a causa del nazionalismo, riaffiorato dopo la caduta del Muro. Numericamente è la seconda confessione religiosa della Penisola. Al convegno la sua «voce» è l’archimandrita Athenagoras Fasiolo.
«Non vi sono differenze – spiega il religioso – tra la Chiesa d’Oriente e quella d’occidente sulla lotta spirituale. Se ci rifacciamo alla patristica, le due tradizioni camminano verso l’unica tradizione. Se pensiamo alle problematiche espresse dalla patristica, come l’ingordigia, nella nostra società è il primo peccato. Non solo di cibo, ma di tutti i doni divini». Su questo c’è unità d’intenti. La Cei il primo settembre celebra la giornata della salvaguardia del Creato. E nello stesso mese la Chiesa ortodossa indice una preghiera. «In questo contesto – prosegue Athenagoras – la lotta spirituale va praticata non solo interiormente, ma a tutto campo, senza escludere nulla di quel che ci circonda. Ad esempio la difesa dell’ambiente. Una volta pregavamo perché il Signore ci proteggesse da terremoti, inondazioni e altre manifestazioni naturali. Oggi dobbiamo pregarlo perché protegga la natura dall’uomo».
PAOLO LAMBRUSCHI