Giosuè

Dopo la morte di Mosè, la cui vicenda abbiamo conosciuto il mese scorso, Dio si rivolge a Giosuè e gli chiede di attraversare il Giordano insieme al popolo di Israele, e di assegnare loro la terra promessa.

Giosuè si trova, dunque, tra l’esperienza recente della morte di Mosè, suo predecessore, e il compito di portare a termine il lungo cammino di peregrinazione che vede Israele in marcia da quarant’anni.

“Giosuè, che dalla sua giovinezza era al servizio di Mosè” (Nm 11,28). Così conosciamo il nostro personaggio: all’inizio del suo cammino di crescita in umanità, nel tempo in cui discerne ciò il Signore gli sta chiedendo per la vita, è al fianco di Mosè. Riconosciamo in lui un giovane che con irruenza vuole difendere dei privilegi. Con il tempo imparerà, proprio rimanendo accanto a Mosè fino alla fine, che l’agire di Dio è più “largo” dei nostri impulsi, giovanili o meno.

Il racconto che indica Giosuè come successore di Mosè (cf. Gs 1,1-18) assomiglia molto ai dialoghi dell’Antico Testamento in cui a determinati personaggi vengono affidati compiti precisi. Questi testi contengono di solito un incoraggiamento (in questo caso l’incitamento a essere “forte e coraggioso”), la descrizione della missione affidata (“oltrepassa il Giordano, da’ a Israele il possesso della terra”) e la promessa di assistenza (“io sarò con te”).

Ciò che forse colpisce di più a leggere questo brano è l’esortazione, ripetuta da Dio tre volte in poche righe, a essere “coraggioso e forte”. Un’insistenza che ci interroga: che tipo di forza e di coraggio sta chiedendo Dio a Giosuè? E perché è così importante che lui sia forte e coraggioso? Domande che vanno oltre il caso specifico di Giosuè, e che magari bruciano anche per chi, giovane uomo o giovane donna, è posto a un certo punto della sua vita davanti all’esigenza di portare a termine un compito, un progetto, in cui di solito si intrecciano lavoro e relazioni.

Possiamo tentare alcune possibili risposte, alla luce degli spunti che il testo biblico offre.

“Sii coraggioso e forte, poiché tu dovrai assegnare a questo popolo la terra che ho giurato ai loro padri di dare loro” (Gs  1,6).

Questo primo incoraggiamento è finalizzato all’assegnazione di una terra al popolo di Israele. Una terra da abitare, in cui trovare finalmente riposo dopo gli anni di esilio e peregrinazione in terre straniere. Una terra da coltivare, una terra su cui costruire. Una terra che è promessa di futuro e prosperità. Una terra di cui prendere possesso, quindi una terra per cui mettere in gioco le proprie risorse, energie e creatività. Il coraggio e la forza richiesti a Giosuè sono dunque orientati, in primo luogo, a dare una terra alla gente del suo popolo.

“Tu dunque sii forte e molto coraggioso, per osservare e mettere in pratica tutta la legge che ti ha prescritto Mosè, mio servo. Non deviare né a destra né a sinistra, e così avrai successo in ogni tua impresa” (Gs  1,7).

La seconda esortazione sembra avere un obiettivo diverso: forza e coraggio sono qui requisiti necessari per mettere in pratica la legge donata da Dio a Mosè. Il buon esito della missione di assegnare una terra al popolo di Israele pare essere, quindi, strettamente connesso all’assiduità che Giosuè saprà mantenere alla parola di Dio contenuta nella Torah (“Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma meditalo giorno e notte”: Gs 1,8). Torah che non è uno sterile elenco di norme, ma precetti che hanno lo scopo di liberare gli oppressi, assicurare la giustizia per i deboli, insomma costruire una società il più possibile equa. È importante notare che il comando di ubbidire alla Torah è successivo all’affermazione secondo cui la terra è già stata assegnata a Israele come dono. La fedeltà alla Torah, in quest’ottica, è vista come risposta alla misericordia di Dio, e non come prerequisito a essa.

“Non ti ho forse comandato: Sii forte e molto coraggioso? Non avere paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada” (Gs  1,9).

L’ultimo incoraggiamento è confortato dalla promessa della vicinanza di Dio, in qualunque luogo Giosuè fosse andato.

In conclusione, a Giosuè è chiesto di essere forte e coraggioso perché dovrà, da un lato, portare a compimento l’impresa cominciata da Mosè, cioè assegnare una terra alla gente del suo popolo; dall’altro, dovrà meditare con costanza la legge del Signore, cioè la sua parola, “giorno e notte”. Solo tenendo insieme queste due dimensioni potrà “avere successo”, espressione che nel linguaggio biblico significa prendere la strada giusta, vivere nella consapevolezza di qual è il proprio posto, davanti al Creatore e davanti agli altri. Una strada caratterizzata da umiltà, compassione, giustizia.

Potrà così, in fin dei conti, vivere in modo veramente umano, e far sì che anche altri possano godere della stessa possibilità di vita.