La fatica di esistere
Il compito di esistere può farsi molto difficile. C’è la rivolta contro il dover essere se stessi: perché mai devo? Ho forse chiesto di essere? ... C’è la sensazione che non valga la pena essere se stessi: che cosa me ne viene? Mi vengo a noia. Mi ripugno. Non ce la faccio più a sopportare me stesso ... C’è la sensazione di essere ingannati riguardo a se stessi; d’essere imprigionati in se stessi: sono soltanto così, eppure vorrei essere di più. Ho solo questo talento, e ne vorrei di maggiori, di più brillanti. Sempre devo fare lo stesso. Sempre urto contro i medesimi limiti. Sempre commetto i medesimi errori; sperimento lo stesso fallimento ... Da tutto ciò può nascere una monotonia infinita, un tedio terribile ... Così l’atto di essere se stessi ala sua radice diviene ascesi: debbo rinunziare al desiderio di essere altrimenti da come sono o addirittura un altro da quello che sono. quanto insistente possa farsi questo desiderio, lo possiamo coglie
re dai miti e dalle fiabe, ricorrenti presso tutti i popoli, e nei quali un uomo viene tramutato in un altro essere: verso l’alto in un astro, vero il basso in un animale, o in un mostro, o in una pietra ... Io debbo rinunciare ad avere talenti che mi sono negati; debbo riconoscere i miei limiti e rispettarli. Ciò non significa rinuncia alla tensione verso l’alto. Questa mi è permessa e doverosa; ma lungo la linea di quanto mi è assegnato ... Però non devo neppure lasciarmi prendere dal risentimento, da quell’atteggiamento che rivela che non ho veramente accettato e veramente rinunciato, e che consiste nel far male quanto m’è precluso. Alla radice di tutto sta l’atto mediante il quale accetto me stesso. Debbo acconsentire a essere quello che sono Acconsentire ad avere quelle qualità che ho. Acconsentire a stare nei limiti che mi sono tracciati.
Romano Guardini, Accettare se stessi, Morcelliana, Brescia 1993, pp. 15-17.
CONSIGLIO PER LA LETTURA
P. Durrande, L'arte di educare alla vita, Qiqajon, Bose, 2012.