Scelte e rinunce

 

Uno dei criteri più decisivi della maturità è la capacità di fare scelte libere e durature. Certamente c’è una realtà che noi no2015 01 27 mensiorn scegliamo, ed è la morte. Quando viene scelta deliberatamente, prende il nome di suicidio. L’esperienza psichiatrica – dal lato del terapeuta – affronta di continuo questa realtà. E credo di poter dire che quasi sempre la decisione di suicidarsi testimonia più il desiderio di una vita radicalmente altra che il rifiuto della vita in se stessa. Tale decisione implica sempre una sofferenza immensa, indicibile, e il suicidio è quasi come un grido che significa: la vita non può essere ciò che io sto vivendo. Attraverso questo gesto si fa appello a una vita altra; paradossalmente, esso testimonia un desiderio di vita vera; e di fronte a quello che dicono, si viene rimandati alla propria impotenza. Ma ci sono modi, più subdoli, di dire “no” alla vita: scegliere di non scegliere, o scegliere di scegliere tutto, è in realtà rifiutare di crescere. Di fatto, l’essere umano fin dalla nascita e a ogni tappa della sua crescita viene messo di fronte a scelte che si possono dire oggettive. Scelte necessarie, per passare da una tappa all’altra.

Ma scegliere ha il suo rovescio, che si chiama rinunciare. Non vi è maturazione, vita feconda, felice e creatrice, che non passi attraverso delle scelte e dunque attraverso delle perdite, degli abbandoni, delle rotture, delle morti, cioè quello che gli psicanalisti chiamano castrazioni simboliche. La crescita di un essere passa attraverso delle conquiste, delle acquisizioni – soprattutto all’inizio della vita -, ma forse più ancora attraverso delle liberazioni. Qui tocchiamo una struttura fondamentale dell’esistenza: ogni accrescimento di vita, per quanto minimo, passa attraverso una morte. È una struttura universale che riguarda tutto quello che vive, e che si verifica dal livello più biologico al livello più spirituale. Biologicamente, bisogna che il chicco di grano sia messo in terra e che marcisca per portare frutto. E non è un caso che sia questa l’immagine che ricorre sulle labbra di Gesù all’approssimarsi della sua morte: tale immagine ci dice quale sia il prezzo sella sua fecondità e della vita che egli ci apporta. Questa legge di morte e di vita, che sono come due facce della stessa realtà, è al centro dell’Evangelo: bisogna perdere la propria vita per guadagnarla.

J.P. Mensior, Percorsi di crescita umana e cristiana, Qiqajon, Bose 2001, pp. 71-72.