Dorothy Day
C’è voluto il discorso di papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti d’America il 24 settembre 2015 per riportare l’attenzione del mondo intero a una figlia di quella terra e al suo sogno di “giustizia sociale e diritti delle persone”. Così allora si espresse il papa figlio di immigrati a una nazione di immigrati: “In questi tempi in cui le preoccupazioni sociali sono così importanti, non posso mancare di menzionare la serva di Dio Dorothy Day, che ha fondato il Catholic Worker Movement. Il suo impegno sociale, la sua passione per la giustizia e per la causa degli oppressi, erano ispirati dal Vangelo, dalla sua fede e dall’esempio dei santi”.
La memoria di Dorothy Day, nata nel 1897 non lontano dal ponte di Brooklyn, era finita relegata agli ambienti pacifisti e sociali statunitensi, quasi dimenticata dal resto del cattolicesimo. Eppure la sua è una storia un po’ speciale, fatta di radicalismo e di fede, di anticonformismo e di amore.
Figlia di un giornalista sportivo, si impegna attivamente nei movimenti socialisti, anarchici, lavora per molte riviste di sinistra, attraversa anche un periodo di relativo benessere scrivendo come sceneggiatrice a Hollywood; nel 1917, arrestata durante una manifestazione femminista, conosce per breve tempo l’esperienza del carcere. Vive diverse fasi di innamoramento, di amore, resta incinta e, abbandonata dal compagno, abortisce. Un trauma cui reagisce affrettandosi a sposare un uomo ricco, più anziano di lei: matrimonio che si scioglie dopo un anno.
Infine, proprio quando sembra aver trovato una relazione stabile insieme a Forster Batterham e i due mettono al mondo l’amata figlia Tamara Teresa, si separano per motivi religiosi. Forster, infatti, reagisce con estrema durezza al battesimo della bambina e alla conversione che Dorothy matura in quegli anni, spinta da un senso di riconoscenza verso Dio. Da quel momento, la solitudine che Dorothy avverte è profonda e definitiva: e tuttavia presto colmata dal suo donarsi agli altri. Soprattutto ai senza lavoro e senza casa, a quell’umanità vulnerabile che la crisi economica del 1929 fa aumentare a dismisura.
Nel 1933, nel pieno della grande depressione, Dorothy Day dà vita sia a una rivista sia a un movimento laicale, il Catholic Worker Movement. Aperto a tutti, cerca di costruire una nuova società all’interno del guscio della vecchia. Pochi mesi dopo l’uscita del primo numero del giornale Catholic Worker, apre le porte la prima di molte case di ospitalità.
Le case si caratterizzano come luoghi di accoglienza per chi non ha dove andare a dormire. Non ci sono moduli da compilare né prediche da sopportare mentre si mangiano pane e zuppa. Il Catholic Worker Movement, in sintonia con la Regola di Benedetto, crede che ogni persona debba essere accolta come Cristo stesso.
Al cuore dello stile di vita del Catholic Worker Movement vi sono le opere di misericordia: dar da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, vestire chi è nudo, dare rifugio a chi è senza casa, avere cura di chi è malato, fare visita a chi è in prigione.
Dorothy è alla costante ricerca di uno stile di vita in cui nulla di quanto si fa sia di ostacolo al nutrire e salvare esistenze. Questo la porta a opporsi alla partecipazione alla guerra. “Lo vediamo, le opere di misericordia si contrappongono alle opere della guerra”. Diceva: “Le opere di misericordia ci chiedono di nutrire chi è affamato, invece la guerra crea fame. Ci viene richiesto di vestire chi è nudo, la guerra invece brucia la pelle dei corpi della gente. Ci viene chiesto di accogliere chi è senza casa, invece la guerra crea milioni di rifugiati. Ci viene chiesto di prenderci cura di chi è malato, invece in guerra perfino la malattia è un’arma. Ci viene chiesto di fare visita a chi è in prigione, la guerra invece crea migliaia di prigionieri. Preferiamo essere in prigione con il nostro Signore che ucciderlo su un campo di battaglia”. In questa strenua opposizione alla guerra Dorothy troverà una profonda sintonia e una fattiva collaborazione nel monaco Thomas Merton, che proprio per il Catholic Worker scriverà una serie di riflessioni sulla pace che costituiranno poi il volume La pace nell’era postcristiana.
Dorothy Day è una donna politica nel senso che comprende come il vangelo abbia a che fare con la vita nella sua interezza, non solo con il modo in cui viviamo le celebrazioni domenicali ma con il modo in cui viviamo insieme ogni giorno della nostra esistenza.
Quando muore, il 29 novembre 1980, è ricordata sulla prima pagina di tutti i grandi quotidiani americani. Nel 1997 l’arcidiocesi di New York celebra il centenario della nascita di Dorothy con l’avvio del processo che potrebbe, nel tempo, portare alla sua canonizzazione.
“Perché la chiesa canonizza i santi?”, domanda in quell’occasione il cardinale John O’Connor. “In parte, affinché la loro personalità, le loro opere e le loro vite vengano conosciute meglio e possano incoraggiare altri a seguirne le orme, così che la chiesa possa dire: ‘Questa è la santità, questa è la strada per la vita eterna’”.