Cadono i pregiudizi
Quando entriamo in relazione personale con una persona diversa o emarginata, cominciamo a riconoscere gli errori e le ingiustizie della nostra cultura e della nostra società. Allora prendiamo coscienza di quanto siano radicati i pregiudizi che ci governano. Qualche tempo fa, alla stazione, ho incontrato un uomo che, un tempo, aveva fatto parte della nostra comunità. È di origine algerina e ha un lieve handicap mentale. Grazie alle sua capacità e ai suoi sforzi, è riuscito a trovare un lavoro fuori della comunità e di sistemarsi in uno studio. Abbiamo viaggiato insieme sino a Parigi. Mentre sedevo accanto a lui, mi accorgevo del modo in cui i viaggiatori lo guardavano; percepivo una diffidenza e anche un certo razzismo a causa dei suoi lineamenti magrebini. Quando ci leghiamo a persone escluse dalla società e viviamo accanto a loro, non soltanto scopriamo il loro valore, ma partecipiamo anche alla lotta per la giustizia e i diritti umani. Creando insieme comunità di accoglienza, testimoniamo che è possibile una nuova forma di società. Allo stesso tempo, siamo maggiormente pronti a comprendere le ingiustizie e i cattivi funzionamenti veri e gravi che esistono nelle nostre società. Quando deponiamo le armi e i pregiudizi e le barriere interiori cominciamo a crollare, abbiamo superato una tappa importante nella nostra crescita verso la libertà. Non è facile vedere e accettare gli errori dei nostri gruppi, delle nostre comunità e delle nostre culture. La nostra identità è talmente legata alla loro che qualsiasi critica nei loro confronti può metterci in pericolo. Siamo un po’ tutti come quei bambini che hanno una fiducia cieca nel padre e nella madre e che si vedono crollare il mondo addosso quando si accorgono che i loro genitori sbagliano. Allora perdono ogni punto di riferimento e si sentono disorientati. Noi raggiungiamo una certa saggezza quando riusciamo ad accettare non soltanto i nostri errori, ma anche quelli del nostro gruppo di appartenenza. È un momento critico che può diventare una tappa importante. Se siamo aiutati, questo ci può condurre a un’interiorità e una maturità nuove. Questa crisi può permetterci di cambiare, di crescere e di aiutare il cammino del gruppo verso una verità più grande. Legarsi a una persona esclusa, emarginata, può portarci anche a una forma di esilio che ci allontana dalla nostra cultura e dal nostro gruppo, chiuso in se stesso. Questa amicizia diventa allora un gesto di liberazione, un cammino di crescita personale in cui noi accogliamo e annunciamo valori nuovi. È la prima tappa verso una vita nuova, che però non costituisce in se stessa una completa trasformazione (J. Vanier, Abbracciamo la nostra umanità, Edb, Bologna 1999, pp. 81-82).