La donna che convertì Gesù

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9 agosto 2024

Mt 15,21-28

In quel tempo 21Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.


Sin quasi alla fine Gesù non se la fila. Non la vede né la sente. Un gruppo di uomini adulti in cammino, il leader in testa, un fagotto li rincorre, si getta ai piedi del capo, piange, urla. Si fa col corpo intercessione per la figlia malata. Proprio nessuna empatia da parte di Gesù, che pure si era commosso nelle viscere per le folle disorientate e affamate (Mt 9,36; 14,14) e in cui l’evangelista aveva visto compiersi una profezia: “Egli ha assunto le nostre debolezze e si è fatto carico delle nostre malattie” (Mt 8,17)? 

Ora sembra glaciale e distaccato. Discetta di teologia come se fosse al riparo di un’aula universitaria e non su una strada aperta a ogni incontro. Niente di nuovo sotto il sole: un gruppo di uomini religiosi presi dal compito di salvare il mondo; una donna invisibile nella pesantezza del corpo e del dolore.

Eppure accade il miracolo: il cerchio dell’indifferenza si spezza. Questa donna anonima è l’“aiuto come di fronte a lui” (Gen 2,18), è l’altra che, custodendo la propria alterità e non cedendo alle proiezioni che il maschio le getta addosso, tramite la sua parola intelligente risuscita Gesù all’ascolto: “È vero Signore e, infatti, i cani di casa mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. C'è un'unica casa e un'unica tavola, in cui il cibo non è misurato ma sovrabbondante. Restando nel mondo di Gesù gli fa compiere una dislocazione spirituale. Questa frase lo attraversa; vacilla il suo particolarismo religioso. Si accorge che lei, le sue parole lo riguardano. Si “riguarda”, cioè torna su se stesso con uno sguardo nuovo grazie alle parole dell’altra. Percepisce l’esistenza di una relazione con quella donna, sinora indifferente. Infine grazie a lei può aver cura di sé, “riguardarsi”.

Quando l’assente si fa visibile e significante, il quadro di insieme cambia. È quel che capita a Gesù. La donna è detta “cananea”. Un anacronismo! I cananei nel Primo Testamento sono i nemici religiosi per eccellenza. Verso di loro Dio comanda ai figli di Israele il genocidio (Dt 20,16-18). Eppure grazie alla nemica religiosa egli rilegge criticamente il proprio vissuto di fede. Si immerge ancora di più nel mistero del suo Dio. Intuisce altrimenti, in maniera dilatata che cosa significhi che il Padre “fa piovere su giusti e ingiusti e sorgere il sole su buoni e cattivi” (Mt 5,45): la misericordia divina trascende tutti i confini religiosi. Il Dio di Gesù non fa preferenze di persone: la salvezza che Gesù annuncia deve essere anche per la figlia della cananea, indipendentemente dalla collocazione religiosa.

“Donna, grande è la tua fede”: grazie alla donna Gesù approfondisce la sua fede in un Dio che è misericordia. Vede questo Dio presente nella fede della donna, che rimane però pagana. Riceve Dio dall'altra sinora vista solo come un pericolo di idolatria. Si disarma l'immagine violenta di Dio proprio dove si negava valore all'esperienza religiosa dell'altro.

fratel Davide