Bambini come Giona

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

19 agosto 2024

Mt 18,1-10

In quel tempo 1 i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». 2Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro 3e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. 5E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
6Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. 7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. 9E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.
10Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.


Come i discepoli a volte siamo ossessionati dalla smania di grandezza, alla ricerca di logiche meritocratiche per accaparrarci i posti d’onore nel regno dei cieli. Gesù non ripugna i nostri desideri, non li giudica: li accoglie e li converte. Gesù viaggia con noi, ma su un altro binario. Per lui la grandezza sta nella piccolezza, nell’arte del diventare tapeinós (il nostro “tapino”), che è l’aggettivo di chi non si rialza da terra, rimane in basso, fedele al suolo da cui proviene, una cosa sola con la polvere di cui è impastato, nascosto e rannicchiato a fare tana dove vive, a giocare a girotondo, “tutti giù per terra”.

E Gesù lo chiarisce non con concetti astratti né con scalette metodologiche da seguire. La grandezza per Gesù non è un’idea, non è un teorema, non è una regola, non è una ricetta. È un bambino posto in mezzo, un piccolo in carne ed ossa, che non ha parole da sfoggiare, non ha meriti da ostentare, non ha segreti da difendere, non ha pietre da scagliare. È semplicemente da accogliere nella sua fragilità.

Maria e Gesù conservano questo segreto. “Il Signore ha guardato la piccolezza della sua serva” (Lc 1,48) canta Maria. “Imparate da me che sono mite, docile e piccolo di cuore” (Mt 11,29) ribatte Gesù, ricordandoci che è questione di cuore la piccolezza, prima di tutto. Non è un servizio dell’anagrafe. Piccoli si diventa, bambini si può divenire. Se ci si converte, se si accetta la propria creaturalità e si lascia fare alla grazia di Dio.

L’esperienza del profeta Giona narrataci nell’omonimo libro della Scrittura può venirci in soccorso e insegnarci che questo è possibile. A tutte le età. Giona, recalcitrante al comando di Dio di recarsi a Ninive, fugge verso Tarsis su una nave che va alla deriva. Viene gettato in mare e lì, nelle profondità delle acque, viene accolto da un ventre di un grande pesce. Lì Giona diventa bambino. Nell’ora più buia delle sua vicenda viene accolto e protetto. Giona fa esperienza della morte, ma quel ventre diventa luogo di rinascita, di resurrezione, oasi di salvezza. Lì si rannicchia, tra le viscere materne, si raggomitola in posizione fetale. Lì fa esperienza delle viscere di misericordia di Dio e può iniziare il suo cammino di conversione, che non sarà certo definitivo. Giona nel ventre del grande pesce è il prototipo del piccolo che per grazia e solo per grazia inizia a vivere e da allora a ciascuno e a ciascuna di noi è possibile questa magnifica avventura, questa rinascita, che è un continuo sbocciare alla vita. Lì nell’abisso, che è il suo abisso, Giona abbandona l’uomo vecchio, depone le sue ricche teologie, si disarma delle sue pretese, reimpara l’abbecedario della preghiera, si fa piccolo, con una speranza aurorale addosso, con un sacro cominciamento tutto da vivere. Non sarà l’unica rinascita. Non ci convertiamo mai definitivamente. Sempre sarà chiamato ad abbandonare i capricci del grande per sposare gli abbandoni del piccolo nelle braccia del Dio che è misericordia infinita.

Il resto del vangelo è parola dura contro chi scandalizza i piccoli. Lo scandalo, all’interno della comunità, nasce quando la piccolezza non è più la nostra conversione quotidiana e ripiombiamo, come farà Giona dopo la conversione degli abitanti di Ninive e dopo l’esperienza singolare all’ombra del ricino, nell’arroganza, nell’autosufficienza, nella superbia, nell’autogiustificazione, persino nella rabbia.

fratel Giandomenico