L’urgenza del tempo messianico

Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)
Carta realizzata presso la fraternità di Civitella san Paolo (RM)

7 settembre 2024

Luca 6,1-5

1 Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 2Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». 3Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». 5E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato».


Questo episodio è riportato nei vangeli di Marco, Matteo e Luca in modo simile, con qualche variante. Di per sé l’azione è lecita (cf. Dt 23,26). Ma la cosa avviene di sabato e sorge dunque la questione se questa azione infranga il precetto del riposo nel settimo giorno (cf. Es 20,10; 31,14-15; Lv 23,3; Dt 5,14). La Scrittura non precisa cosa debba essere considerato lavoro. I vangeli ci attestano che questa era una questione dibattuta ai tempi di Gesù. La tradizione farisaica, che risale solo ai secoli successivi, annovera tra le azioni proibite di sabato seminare, mietere, sgranare il grano (cf. Mishnah, Shabbat 7.2), ma testimonia anche che salvare una vita prevale sul sabato e che l’offerta dei sacrifici non veniva interrotta, perché la santità del tempio superava quella del settimo giorno (Mekhilta r. Ishmael, Shabbat 1). Questi due principi sembrano sottintesi nel nostro testo.

Gesù ricorre all’esempio di Davide precisando “quando lui e i suoi compagni ebbero fame” (6,3), elemento assente nel racconto biblico di 1Sam 21,1-6 e che sembra implicare che anche i discepoli avevano fame e che per questo hanno raccolto il grano. Come il pericolo di vita aveva reso lecito a David di cibarsi di un pane santo, così anche la fame dei discepoli consentiva di andare al di là dei divieti del sabato. Nei racconti di Marco e di Matteo sono riportate due frasi, equivalenti nella sostanza, che esplicitano questa interpretazione (cf. Mc 2,27; Mt 12,7). Luca riporta solo il versetto che segue queste affermazioni e che attribuisce a Gesù il detto: “Il Figlio dell'uomo è signore del sabato (v. 5). Ciò orienta a una interpretazione con una forte coloritura escatologica: la presenza del Messia-Figlio dell’uomo dà a questo tempo uno stato di santità particolare e un’urgenza che riscrive le norme riguardanti il tempio e il sabato. È la stessa urgenza vissuta dalla comunità cui Luca si rivolge e che la spinge a superare i limiti dello spazio, per portare a ogni creatura l’annuncio della salvezza. 

Questi concetti rimangono nelle possibilità del giudaismo del tempo e delle sue attese; alla loro luce la comunità cristiana ha potuto comprendere Gesù e vedere in lui il compimento della storia di salvezza. L’allargamento della predicazione alle genti e la ridefinizione di ciò che è santo sono parte del patrimonio che anche noi abbiamo ereditato dalla comunità cristiana delle origini e che ha guidato il cammino della chiesa. “Il tempo si è fatto breve” (1Cor 7,29), la presenza del Messia fa comprendere in modo nuovo la santità della vita umana, il rapporto di ogni persona con Dio e il significato della storia.

Vorrei sottolineare un’ultima cosa: nel testo è detto che “alcuni farisei” (v. 2) interrogarono Gesù sul comportamento dei discepoli. “Alcuni”: precisazione propria a Luca (cf. anche 13,31; 19,39). Nel Vangelo secondo Luca i farisei sono presentati in modo complesso e incoerente: vi sono invettive contro di loro, indicati come modello negativo (cf. 16,14; 18,10) ma a volte sembrano vicini a Gesù e ai suoi discepoli (cf. 13,31). Luca sembra testimone di un tempo in cui la comunità cristiana non si era ancora definita in antagonismo al giudaismo nascente e sentiva ancora forti i legami e la vicinanza in particolare con i farisei, una delle componenti della tormentata realtà giudaica alla vigilia della distruzione del tempio da parte dei romani, forse la più vicina a coloro che avevano aderito a Gesù il Messia. 

sorella Raffaela