Povertà
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Lo stesso Nuovo Testamento presenta numerose forme: esso parla di vendita dei beni, di rinuncia, di abbandono, di condivisione dei beni, di collette a favore di chiese povere, ecc. Il fondamento cristologico diviene fondamento trinitario se pensiamo al Cristo che è povero perché, secondo il quarto Vangelo, tutto ciò che egli ha, dice e fa lo riceve dal Padre. Questa relazione intratrinitaria di ascolto e accoglienza reciproca del Padre e del Figlio diviene comunicazione all’uomo attraverso il dono dello Spirito. Ed è proprio lo Spirito che può suscitare la creatività dei cristiani nella storia per guidarli all’obbedienza al Vangelo eterno nel rinnovato contesto storico. Ed è quel fondamento cristologico e trinitario che deve interrogare la chiesa almeno su questi due punti, che rappresentano una sfida che i prossimi anni riservano al cristianesimo: vivere la missione come missione povera, traducendo nell’oggi le richieste esigentissime di Gesù circa la povertà dell’inviato (Luca 10,1-16 e par.). Solo una missione povera può rivolgersi a destinatari poveri e può non smentire praticamente il Vangelo, la parola della croce, che annuncia a parole. Il farsi povero di Cristo, infatti, trova nella donazione di sé sulla croce l’apice della sua manifestazione. Inoltre occorre pensare la povertà come dimensione comunitaria, ecclesiale, non solo come virtù individuale. Ciò che richiede la ripresa dell’orizzonte escatologico come plasmante le strutture ecclesiali e il modo di porsi della chiesa nella storia e anche l’ascolto del grido dei milioni di poveri che dalla terra sale a Dio e chiede giustizia.
tratto da:
ENZO BIANCHI, Le parole della spiritualità,
Rizzoli, 1999 pp.153-156
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