Quelle parole dure di Gesù un antitodo per il quieto vivere
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Circa la questione del «fuoco eterno» a cui pure allude Gesù, come destinazione ultima dei malvagi: si ha l'impressione che nella predicazione e nella catechesi oggi si affronti con un certo imbarazzo il tema dell'inferno che costituiva invece, in passato, un tema ricorrente delle omelie. Che cosa afferma effettivamente il Nuovo Testamento circa l'eventualità che alcuni vadano incontro a una «dannazione eterna»?
«Anche quando annuncia un giudizio finale a cui tutti gli uomini dovranno sottostare, Gesù – per così dire - "non manda nessuno all'inferno". Egli paria del “fuoco della Geenna" (una vallata di Gerusalemme in cui nell'antichità si bruciavano i rifiuti) e usa immagini - sottolineo: immagini - anche dure riferendosi alla possibilità di una dannazione eterna dei reprobi, ma di fatto non condanna nessuno all'inferno. Lo dimostra la conclusione della descrizione del giudizio nel Vangelo di Matteo: "E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti alla vita eterna". "Se ne andranno": ovvero, gli uomini raccoglieranno in ultimo il frutto di quanto hanno seminato qui e ora scegliendo la via della vita o quella della morte. II problema non è dunque di cercare nel Nuovo Testamento un'anticipazione di ciò che accadrà alla fine dei tempi, ma di attuare nel presente una scelta fondamentale, dalla quale dipenderà per ciascuno di noi l'esito del giudizio. E’ nell'oggi che decidiamo se avvicinarci o allontanarci da Dio. Come? Decidendo di stare vicino o lontano dai nostri fratelli. E nell'oggi che scegliamo per noi il "fuoco eterno" o la gioia del Regno».
GIULIO BROTTI
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