Ridere scuola di vita
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Ma cerco di scherzare, di ridere di me. Di non prendere la vita sul serio. Ridere di se stessi, mai dell’altro. Un amico dice spesso: «Si può ridere di tutto, ma non burlarsi di nessuno». Il riso non è mai contro l’altro. Lavora per la vita. È anche un segno che la vita guadagna terreno. Alla scomparsa di mio padre e durante le sue ultime ore ho constatato che, seppure fragile, una fiducia nella vita persisteva, come una fiamma costantemente minacciata. Ho percepito come nei momenti più tragici dell’esistenza il riso non fosse mai assente, anzi. Certo, non è l’ilarità delle conclusioni di serata attorno a una tavola o addirittura, secondo l’ora, sotto il tavolo... È un riso, meglio, un sorriso, un’adesione alla realtà. Mi sembra che quando si ride, quando si lascia esplodere la propria gioia, l’io si mette a correre e la vita appare senza barriere.
C’è un bel testo che mi arricchisce anno dopo anno. Nel suo Diario la Hillesum scrive: «Non ci si dovrebbe mai lasciare paralizzare da una sola cosa, per grave essa sia; la gran corrente della vita deve continuare a scorrere». È il famoso principio di Huineng, espresso al capitolo XVII del Sutra della piattaforma: «La gioia passa in me, così la tristezza. Vanno e vengono. Non si installano». Chiediamoci dunque cosa c’è al centro della nostra vita: i nostri problemi, i nostri complessi, i ruoli sociali? O è l’altro? Qual è il centro della mia vita? Che cosa orienta la mia esistenza? Certo, il riso impedisce di fissarsi.