Sintesi di tutte le relazioni del Convegno
There was a problem loading image 'images/stories/ospitalita/convegni-spiritualita-ortodossa/2013/relatori/13_09_06_pm_CEISO13 169 (15)_TAVOLA_ROTONDA.jpg'
There was a problem loading image 'images/stories/ospitalita/convegni-spiritualita-ortodossa/2013/relatori/13_09_06_pm_CEISO13 169 (15)_TAVOLA_ROTONDA.jpg'
XXI Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
LE ETÀ DELLA VITA SPIRITUALE
Bose, 4-7 settembre 2013
in collaborazione con le Chiese Ortodosse
SINTESI DI TUTTE LE RELAZIONI DEL CONVEGNO
ENZO BIANCHI
Introduzione al Convegno
Il priore del Monastero di Bose e presidente del Comitato scientifico del convegno introduce i lavori rivolgendo saluti alle delegazioni delle chiese presenti in sala. Di seguito si dà lettura di alcuni dei messaggi augurali rivolti dai capi delle chiese ai partecipanti al convegno.
+ IOSIF DI PATARA
Vita spirituale e unità dei cristiani
Partendo dalla premessa che il cristianesimo è manifestazione di Dio che è amore, e che la vita spirituale cristiana, in quanto “vita in Dio”, è guarigione dell’umana capacità di amare, si può arrivare a comprendere che l’unione visibile dei cristiani è un processo che attiene necessariamente alla loro maturazione spirituale, come a quella delle istituzioni di cui fanno parte: «L'amore ci rende uno: uno con Dio, uno in noi stessi, uno con gli altri. L'unità dei cristiani è fatta dall’amore, nell’amore e per amore. Senza amore vero non ci sarà mai l'unità. Con l’amore di Cristo, però, sarà possibile, sarà realtà!».
MICHAIL ŽELTOV
Il battesimo, fonte della vita in Cristo
Il sacramento del battesimo, impartito in nome della Trinità attraverso una triplice immersione, realizza la morte al peccato e la nuova nascita del credente, integrandolo nel “corpo di Cristo”, la Chiesa. Il dono dello Spirito, all’opera nel battesimo, è sigillato attraverso il santo crisma, impartito subito dopo il battesimo e ad esso inscindibilmente legato. Nella Chiesa solo coloro che sono stati immersi nel battesimo e unti con il crisma sono in grado di accedere alla mensa dell’eucaristia, il principale sacramento, e a tutti gli altri sacramenti. Costoro costituiscono un “sacerdozio regale” e sono “tempio dello Spirito santo” perché la loro intera vita deve divenire un’offerta santa elevata a Dio. Nella prospettiva cristiana solo questa vita auto-sacrificale si riempie di profondità e di senso.
ANDREJ DESNICKIJ
Un’interpretazione biblico-patristica
della vita di Mosé come cammino spirituale
La Vita di Mosé di Gregorio di Nissa è un ottimo esempio dell’esegesi biblica attualizzante praticata dai padri della chiesa: più che informazioni sul passato, il lettore è invitato a trovarvi indicazioni pratiche per il suo agire. La vita del profeta Mosè diventa un cammino esemplare di purificazione: l’uomo deve rifiutare le concezioni fallaci, le percezioni sensoriali e perfino le sue costruzioni mentali, per giungere ad accogliere con cuore puro e mente illuminata la misteriosa visione di Dio. La natura di Dio è inattingibile, ma l’uomo è chiamato a cercarlo continuamente, e quanto più tende lo sguardo, tanto più è forte in lui il desiderio di vedere di più: la “perfezione” sta in un movimento continuo e senza limite.
PETROS VASSILIADIS
“Alla misura della maturità di Cristo” (Ef 4,13):
il sostrato biblico della spiritualità cristiana
La pericope di Ef 4,7-13 riassume gli stadi della maturità spirituale secondo una prospettiva squisitamente ecclesiologica. Per comprendere questo testo ci si riferisce al sostrato biblico complessivo della spiritualità cristiana, mostrando come essa si sia evoluta dall’impostazione “etico-comunitaria” originaria, già propria dei profeti (che richiamavano le esigenze fondamentali della Legge e dell’alleanza) e poi di Gesù e della chiesa primitiva, a quella “ecclesiologica” introdotta da s. Paolo (che costituisce una variante meno radicale della prima), fino a quella “terapeutica”, sviluppatasi solo a partire dal III sec. con Origene e la scuola alessandrina, e influenzata parzialmente dalla filosofia neoplatonica, la quale si allontana non poco dall’impostazione biblica. Quest’ultima forma di spiritualità, a tendenza individualistica, è storicamente legata alla nascita e allo sviluppo del monachesimo, che però – occorre dire – non ne è rimasto prigioniero, soprattutto grazie all’insegnamento di alcuni Padri della chiesa, che hanno permesso di comprenderlo in modo autenticamente “ecclesiale” fino a integrarlo a pieno nella vita della chiesa.
ANDREW LOUTH
“D’inizio in inizio”: il progresso spirituale infinito in San Gregorio di Nissa
Nel quadro generale della dottrina del progresso spirituale (epéktasis) caratteristica del pensiero di Gregorio di Nissa, qual è il significato dell’espressione “Di inizio in inizio”, tratta dall’Omelia 6 sul Cantico dei Cantici? La vita spirituale, alla luce di questo testo, appare come un progresso che non ammette fine perché in essa si tratta sempre di mantenere e ritrovare un contatto con Dio, Inizio e Principio (arché) di tutto ciò che è autentico e buono: creazione, redenzione e divinizzazione. Passare “di inizio in inizio” per il cristiano significa rinnovare incessantemente il suo contatto con Dio.
SEBASTIAN BROCK
Le tappe della vita spirituale secondo Sant’Isacco il Siro e la tradizione siriaca
Gli autori della tradizione siriaca conoscono due principali modelli di sviluppo della vita spirituale: un modello in due tappe e uno in tre tappe. Quest’ultimo è il più diffuso e si fonda sulla distinzione paolina tra uomo “carnale”, “psichico” e “pneumatico”. Anche Isacco il Siro parla di “tre gradi della conoscenza”, associati rispettivamente al corpo, all’anima e allo spirito. Ciascuno di essi ha le sue specifiche pratiche spirituali, ma il passaggio al grado successivo non determina l’abbandono delle pratiche del grado precedente, ma ne modifica piuttosto lo scopo e il modo di adempimento. Più che di una progressione temporale lineare, si può parlare di movimento ‘verticale’ che alterna alti e bassi, in base all’azione concomitante delle lotte contro le tentazioni, da una parte, e dell’assistenza divina, dall’altra. Lo stadio più alto è raggiunto di rado, sempre grazie a una profonda umiltà e mai in modo stabile: si tratta di una condizione di puro “stupore” in cui ogni iniziativa umana è sostituita dall’attività dello Spirito santo.
SYMEON PASCHALIDIS
La perfezione-maturità spirituale nel mondo secondo l’antica tradizione patristico-monastica
Nei testi del Nuovo Testamento il termine “perfetto” (téleios) indica l’uomo “rinnovato”, maturo e ben fondato in Cristo, distinto da chi è ancora spiritualmente “bambino” e instabile nella fede. Per i padri dei primi secoli questa “perfezione” cristiana si fonda su tre componenti: amore verso Dio e il prossimo, libertà dal peccato e raggiungimento della condizione di “somiglianza con Dio” (to kath’omoiosin). Nel definire tale perfezione per i padri dei primi quattro secoli non è discriminante la scelta di celibato: essi sono convinti che anche nella vita coniugale sia possibile vivere in obbedienza ai comandamenti di Dio. La comparsa del monachesimo, nel IV-V secolo, benché sia determinante nel definire una particolare via di perfezione cristiana, non elimina la possibilità di conseguire le stesse virtù dei monaci vivendo nel “mondo”. Significative in questo senso sono soprattutto le testimonianze della letteratura ascetica del V-VI secolo (e oltre), dove più volte si afferma il principio che a partire da ogni stato di vita è possibile raggiungere la pienezza della vocazione cristiana, perché fondamentale è l’impegno della volontà in sinergia con la grazia divina, più che le condizioni esterne di vita. Anche un semplice ciabattino di Alessandria può uguagliare o perfino superare la virtù del grande Antonio.
NORMAN RUSSELL
Ascensione spirituale
e forme della vita monastica in San Giovanni Climaco
La Scala di Giovanni il Sinaita (o Giovanni Climaco), una delle opere fondamentali della tradizione monastica orientale, è suddivisa in 30 discorsi o “gradini” (come i 30 anni della maturità di Cristo) e traccia un itinerario che, partendo dalle virtù fondamentali (rinuncia, distacco, estraneità), giunge a quelle più alte (preghiera, impassibilità, carità): la carità è presentata come lo scopo dell’intera vita monastica e realizza l’assimilazione a Cristo. L’opera è rivolta ai monaci cenobiti – per aiutarli nel discernimento del momento opportuno in cui passare alla vita eremitica, ma anche ai monaci eremiti – per esortarli a perseverare nella vita già intrapresa, o in alcuni casi a valutare la necessità di un ritorno alla vita comune. Infatti, afferma l’autore, “la preghiera solitaria è solo per pochi”.
MICHEL VAN PARYS
La scala dell’umiltà
e la comunione fraterna secondo San Benedetto
La Regola di Benedetto, uno dei testi fondatori della tradizione monastica occidentale, nel cap. 7 contiene la descrizione della cosiddetta «scala dell’umiltà», un itinerario spirituale suddiviso in dodici gradini nel quale l’acquisizione di un’umiltà sempre più profonda si accompagna a un grado sempre più autentico di comunione con Dio e con i fratelli: “saliti tutti questi gradini di umiltà subito il monaco giungerà a quella carità di Dio che scaccia ogni timore” (RB 7,67).
METODIJE MARKOVIČ
L’inizio del cammino monastico
La vita monastica è una risposta al comandamento di amare Dio «con tutto il cuore»: il suo fondamento consiste nel prendere le distanze dal «mondo». Ma affinché sia autentico è necessario valutare il significato e le motivazioni di tale passo: la forza trainante dovrebbe essere il pentimento-conversione. La vita monastica è vita di conversione quotidiana. I monaci provengono da questo mondo per ri-unirsi con esso nell’amore di Cristo, un amore non ipocrita e umile: essi sono chiamati a testimoniare così con la loro vita che la morte è stata sconfitta da Cristo.
VASSILIOS THERMOS
Possono aiutare le crisi nella crescita spirituale?
In ogni forma di crisi la persona diventa maggiormente vulnerabile. Grazie al “potenziale di cambiamento” che in essa si sviluppa, ogni crisi può essere allo stesso tempo un rischio dagli esiti mortiferi e un’occasione propizia di progresso spirituale. La crisi obbliga sempre a trovare nuovi equilibri psichici, allarga l’orizzonte conoscitivo e attraverso il dolore che sempre porta con sé può essere uno stimolo di maturazione. I cristiani dovrebbero imparare a pensare le crisi in modo meno individualistico valorizzandole a vantaggio dell’intero corpo ecclesiale: la chiesa è precisamente quel «laboratorio dove le crisi possono essere trasformate in vie di salvezza».
ANDREI PLEČU
L’arte di invecchiare nella vita cristiana
In una prospettiva cristiana la vecchiaia non è né il paradiso né l’inferno. La Scrittura mostra come la vecchiaia in sé non sia migliore né meno ambigua di altre età: dipende dal modo in cui è vissuta. In fondo, ciò che la tradizione cristiana ha definito «anzianità» in senso positivo, come fonte di autorità e di magistero spirituale, non è il frutto di un accumulo puramente quantitativo di esperienze dovute all’età avanzata, ma è una qualità che può manifestarsi in ogni età della vita nella misura in cui si vive il tempo come «occasione» (kairós), situandosi al di là del mero flusso cronologico, e mantenendo un contatto con le «origini» e la «trascendenza» del mondo e della vita. In definitiva la sfida della vecchiaia per un cristiano è quella espressa nel dialogo tra Gesù e Nicodemo : «Come può nascere un uomo quando è vecchio?» «Bisogna nascere dall’alto» (Gv 3,4.7).
JOHN BEHR
Vivere la morte cristiana
Cristo ci ha mostrato che cosa vuol dire essere Dio attraverso il modo in cui è morto come essere umano. Se non vediamo più la morte, se la escludiamo dal nostro orizzonte di vita (come la società contemporanea tende a fare) non vedremo neppure il “volto” di Dio. Per un cristiano la vita viene attraverso la morte. Un’autentica ars moriendi dal punto di vista cristiano prende avvio dalla decisione di morire a se stessi, in forza del battesimo, prendendo su di sé la “croce” e non vivendo più per se stessi ma per gli altri, e culmina nell’atto di trasformare il proprio concreto morire in una manifestazione del mistero pasquale (come mostra il luminoso esempio dei martiri).
Tavola rotonda:
“La speranza cristiana nelle età della vita”
Modera: KONSTANTIN SIGOV
ANTOINE ARJAKOVSKY
ATHANASIOS PAPATHANASIOU
+ VASSILIOS di Constantia-Ammochostos
Quali indicazioni ha da offrire la tradizione monastica ortodossa fra le successive tappe della vita umana e le età della vita spirituale? Quale rapporto fra l’età giovanile e lo slancio del fervore spirituale, fra l’età di mezzo e il servizio del prossimo, fra la vecchiaia e la speranza cristiana nella malattia e nella morte? Ecco alcune delle domande che saranno affrontate in questa tavola rotonda che vede la partecipazione straordinaria del Metropolita Vassilios (Karayiannis) di Constantia e Ammochostos, delegato dell’Arcivescovo di Cipro Chrysostomos II, moderatore della commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
PORPHYRIOS GIORGI
La divinizzazione, compimento dell’esistenza umana:
il dono della vita secondo l’insegnamento di s. Gregorio Palamas
La “divinizzazione”, secondo l’insegnamento di Gregorio Palamas, fedele epigono della tradizione patristica, consiste nella partecipazione dell’uomo, per grazia, alla vita della santa Trinità. In quanto creato “a immagine e somiglianza di Dio, l’uomo porta inscritto in sé il desiderio di tale condizione: essa è lo scopo stesso della sua esistenza. Se per la suggestione di Satana il peccato ha separato l’uomo dalla sorgente della vita divina procurandogli la “morte” (fisica e spirituale), l’incarnazione del Verbo di Dio ha procurato nuovamente all’uomo l’accesso alla vita divina: sulla croce di Cristo la potenza della “morte” è vinta, e tale vittoria è comunicata all’intera natura umana. Ogni uomo però deve rivivere personalmente la lotta e la vittoria di Cristo contro il male; e ciò è possibile grazie alla presenza e all’intima sinergia dello Spirito santo donato ai credenti. I santi, in proporzione alla grazia ricevuta, gustano l’esperienza della divinizzazione: in quanto uomini “divinizzati”, giunti alla pienezza della carità divina, esprimono con la loro presenza la presenza attiva di Dio nella vita della Chiesa e la venuta del Regno, e mostrano in sé le opere della Grazia che consolano il popolo di Dio.
+ MAXIM OF WESTERN AMERICA
Il tempo nella vita della chiesa
Nell’esperienza ecclesiale il tempo cronologico, in quanto parte della creazione di Dio, è “cosa buona”. Allo stesso tempo esso reclama un superamento e una redenzione dalla realtà della “morte” che toglie ogni senso al fluire cronologico rendendo continuamente “passato” il “presente” dell’esistenza. La chiesa sperimenta tale redenzione del tempo nell’eucarestia, che è una storia condensata di futuro. Ma il futuro proposto nell’eucarestia non scaturisce dal passato; penetra nel presente di propria iniziativa, “come un ladro nella notte” (2Pt 3,10): è la venuta del Regno che non avviene “in modo osservabile” (Lc 17,10), ma è libero dono da parte di Dio. Ciò non significa che l’uomo debba restare inattivo di fronte alla prospettiva del futuro escatologico, ma che tutto ciò che egli fa resta penultimo: c’è sempre uno spazio per il giudizio ultimo e indeducibile da parte di Dio.
Conclusioni del convegno
ADALBERTO MAINARDI