Vedere quell’unica ferita
San Martino deve averlo già incrociato con lo sguardo, con la mente rivolta altrove, in quel vedere senza vedere che è la difesa naturale di ogni uomo che cammini sulle vie della terra sopra un buon cavallo, vestendo panni caldi, lo stomaco libero dalla stretta micidiale della fame. Ma ecco che il cavallo si arresta, i piedi premono sulle staffe, il viaggio si interrompe. Fate la carità, dicevano una volta i bisognosi, quando i bisognosi possedevano almeno la stessa lingua dei fortunati. Bellissimo invito, che adeguava, senza abbassarla, l’essenza luminosa della carità alla sfera d’azione del lavoro umano, di ciò che possibile fare, come si fanno le scarpe e il vino, le mura delle case e le canzoni d’amore. Alla base di quel lavoro, non c’è altro che la capacità di voltarsi indietro, di ridonare energia all’inerzia dello sguardo riconoscendo in ogni implorazione l’urgenza irresistibile e repentina di un diritto che si afferma. Simone Martini ha dipinto la peretta armonia di due gesti contrapposti: un mantello diviso a metà, lo sguardo di due uomini finalmente ricongiunti nell’unicità di un destino.
Si tratta solo di una storia umana? ... Lo sguardo del cavallo, che ha interrotto il suo procedere, è rivolto al mendico – accompagna e sottolinea quello di san Martino ... In questa stupenda figurazione ... la natura cosmica della carità ... concede all’uomo e alla bestia l’esperienza straordinaria di un’identità della visione. Entrambi, infatti, alle loro spalle hanno percepito la verità del miserabile, lo squilibrio provocato nel paesaggio da quella ferita in attesa della medicazione ...
Non è il sapere, è bene insistere su questo punto, ma il vedere, il riuscire a vedere, che è in gioco nell’operazione della carità. Nulla di più lontano dalla carità, allora, del criterio puramente addizionale che regola il sistema planetario delle “informazioni”. Bisognerebbe essere capaci al contrario: di descrivere bene una ferita, una sola irripetibile ferita ...