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Guida alla conoscenza della Bibbia


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Ci sono aspetti molto interessanti che si possono cogliere a partire da un approccio consapevole che l’“umanità” del testo biblico si traduce, soprattutto nell’Antico Testamento, talvolta in testi poetici e narrazione in prosa, altre volte abbiamo scritti di genere storico, ovvero epico e sapienziale, talaltra testi legislativi e preghiere. “Comprendere il genere letterario è essenziale per cogliere correttamente il messaggio del testo: per esempio intendere in senso storico il racconto di Giona e non cogliere il suo carattere di finzione narrativa, di novella, significa impedirsi di comprendere l’intenzione del testo e smarrirsi in domande fuori luogo e a cui il testo non può rispondere”.

Quanto viene richiesto al lettore è anche di caricarsi del “soave” peso di entrare nelle modalità tipiche della poetica e della narrazione ebraica, fino a comprenderne la loro dimensione di invenzione, persino di fiction. Questo accade nell’Antico Testamento, ad esempio, frequentemente quando composizione e trasmissione orale si intersecano con un preciso disegno di rendere viva la trasmissione in un certo ambito: sia esso familiare, di clan, tribù o comunità locale, al fine di dare coesione ad una realtà sociale, ovvero di spiegare le cause di certe situazioni e di far emergere alcune costanti universali dell’umano, che servono alla sussistenza e alla crescita di queste dimensioni sociali.

Tutto sempre e comunque nella certezza che in ogni scritto la presenza e l’azione dello Spirito di Dio si intersecano perfettamente con la vita dell’uomo, esprimendo un messaggio in cui, come in un quadro, il risultato è effetto della comune intersecazione tra il pittore, la tela e il pennello, che collaborano a quello specifico quadro che ci viene posto innanzi.

Altra considerazione da tenere strettamente presente una volta che ci si avvicina ad un brano biblico è quella della presenza del simbolo. L’etimologia di questo termine (syn-ballein, “mettere insieme”), mostra che esso opera come fattore unificante tra il materiale e lo spirituale: “il simbolo ‘roccia’ (cf. Sal 18,3: “Signore, mia roccia”) evoca la saldezza di Dio e la sua capacità di dare riparo al credente; il simbolo “luce” (cf. Sal 2 7, I: “Il Signore è mia luce”) rinvia alla trascendenza e alla vicinanza divine ... Il simbolo non è una scorza espressiva che dev’essere tolta perché si possa raggiungere un nucleo di verità più profonda: la verità biblica è completamente solidale con il suo mezzo espressivo. E insegna al lettore a cogliere la presenza divina nella storia e nell’umano, non in un’astrazione o in una fuga dal mondo.

Grande importanza il lettore attento dell’Antico Testamento può rilevare nel grande spazio lasciato alla storia. Non una cronaca, o una rievocazione del passato, ma storia come fatti in cui si rivela l’intervento di Dio. È questo un tratto fondamentale della religione dell’Antico Testamento: “è nella storia del popolo d’Israele che Dio si fa conoscere ed entra in relazione con l’uomo. Pertanto, le narrazioni storiche presenti nell’AT sono un’interpretazione teologica della storia stessa: la sequenza evento-interpretazione dell’evento-celebrazione dell’evento è costitutiva della storia biblica come storia di salvezza, come storia teofanica. L’evento salvifico per eccellenza dell’Antico Testamento è un fatto storico: l’esodo”. Ora, non conoscere i termini di questo fatto storico, come le caratteristiche e la durata della precedente cattività, ne limitano inevitabilmente la comprensione e la portata rivelatrice anche nella dimensione spirituale.